La mia pazza pazza radio



La mia folle radio. È il titolo del pezzo scritto per “Ideeradio”, un interessante progetto di Francesco Anzalone per Articolo 21 che contiene a 360 gradi e oltre riflessioni sulla radio di ieri, di oggi e di domani. Il 5 marzo 2008 è stata pubblicata la rievocazione di una esperienza indimenticabile, di una trasmissione sperimentale, folle, senza né capo né coda, assolutamente spontanea, libera, permessa grazie alle porte aperte di una radio di Agrigento che, venti anni fa piccolina, oggi è diventata grande: Radio Vela.
Eccola, così per come è stata partorita e pubblicata.

Nel mio piccolo mi sono sentito Fiorello, il Grande Fiorello. Ma non solo. Mi sono sentito tutti quei Fiorello che hanno fatto e fanno radio libera, sperimentando giorno dopo giorno senza catene. È una radio che mi manca. Mi mancano quei momenti di assoluta, sfrenata, sana follia quotidiana che mi hanno consentito di conoscermi di più e di riscoprirmi divinamente creativo e ricco in un universo immateriale incredibilmente sconfinato. Siamo nei primi anni Novanta. La location è Agrigento, la città della Valle dei Templi, attorno a cui è nato il genio e la sregolatezza di personaggi come Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri (mi verrebbe da aggiungere il mio nome, ma c’è tempo!). Le frequenze che hanno ospitato il mio “programma senza programma” sono state quelle di Radio Vela, radio locale che nel corso degli anni ha fatto passi polifemici fino a confezionare lo scoppiettante e divertente “92100 una città di matti” di Riccardo Gaz.

L’emittente, negli anni di mia permanenza, era ancora a gestione privatamente familiare e trasmetteva da una piccola casa popolare edificata in esili elementi prefabbricati in contrada Cugno Vela, a Villaseta, frazione di Agrigento, a un tiro di schioppo dal Caos, luogo di grandi suggestioni dove non a caso ebbe i natali Pirandello. A Radio Vela mi sono ritagliato uno spazio creativo quotidiano all’interno di un palinsesto musicale dove spiccava la decennale bravura di Fabio Fabiano, fraterno amico che con me aveva già condiviso la spensierata esperienza di Rta (Radio Trasmissioni Agrigento), oggi solo un lontanissimo ricordo. Chiuso in una stanza, per niente insonorizzata ed ecologicamente aperta alla natura circostante, occupavo un’ora e mezzo di etere con storie, battute, canzoni, personaggi inventati sul momento. 

Creavo dal nulla. Non c’era niente di preparato. Non c’erano autori che mi suggerivano un copione da seguire. La sfida era uscire dai canoni della tradizione locale, rompere gli schemi della classica trasmissione da dj (“ecco a voi il brano di…”), dare libero sfogo alla follia creativa, rompere le gabbie mentali, dare sostanza al mio vissuto, dare voce alla mia voce, oltrepassare i limiti temporali, sorprendere. Tutto questo lo facevo facendomi chiamare Capitan Fracassa. Alzavo la voce per farmi sentire dagli altri e dalla parte più profonda di me stesso. Entravo nella filodiffusione degli stabilimenti balneari e nei supermercati. Invitavo scherzosamente bagnanti e consumatori a seguirmi in imprevedibili evoluzioni radiofoniche. 

Ogni giorno era una nuova sfida. Ogni giorno era diverso. Ogni giorno sperimentavo percorsi nuovi. Utilizzavo il programma radiofonico come un laboratorio aperto per sviluppare (direbbero i più esperti) la parte destra del mio cervello. Inventavo, fantasticavo liberamente, senza farmi bloccare dai freni e dai condizionamenti interiori ed esteriori. Non mi interessava il risultato. Non mi interessava se ero bravo, se ero bello, se avevo una bella voce, se ero intelligente, se ero colto, se somigliavo a Pippo Baudo o a Roberto Benigni. Non mi interessava l’audience. Mi interessava il viaggio, la libertà, la scoperta. Per intrattenermi e intrattenere col sorriso. Partivo da un assunto: dal niente anche io potevo creare qualcosa. 

Nello studio della radio ero solo in compagnia di un microfono, un mixer, due lettori cd, una collezione di dischi. Non volevo nessuno tra le scatole a osservare o ad assistermi. Nessuno doveva vedere. Chi aveva la curiosità doveva solo accendere la radio, sintonizzarsi sui 95,6 e ascoltare partecipando. Lo studio (siamo sempre dentro una stanza prefabbricata) lo utilizzavo come un palcoscenico teatrale per improvvisare su tutto con leggerezza e allegria. Non sembravo io! Mi dicevano. Avvolto dal mistero, raccontavo di entusiasmanti viaggi in alto mare, cantavo liberamente su basi musicali, mi lanciavo in monologhi su temi politici e di costume, ballavo, suscitavo il coinvolgimento dei cinque sensi, utilizzavo le varie tonalità del sentimento, impiegavo il corpo per dare vitalità alla voce. 

È stata un’attività a tutto tondo, esaltante, catartica, di grande crescita, senza alcun fine utilitario. Mi appassionava, mi stimolava, mi sorprendeva l’imprevedibilità. Un giorno ho staccato bruscamente ponendo fine a un’esperienza che solo con questo ricordo, per la prima volta, definisco nei suoi contorni. I proprietari di Radio Vela e alcuni amici, a distanza di circa quindici anni, mi ricordano con gioia quel programma chiedendomi di riprendere di nuovo per mano Capitan Fracassa. Da allora non faccio più radio ed è come se mi mancasse qualcosa. Forse perché ho troppo legato la radio alla mia stessa vita o almeno a una fase importante di essa. Ho sfruttato questa grandissima opportunità per scoprire il potere travolgente della creatività. 

La mia è stata una radio esistenziale. Le stesse forti emozioni non ho provato nelle tv locali dove ho avuto la possibilità di apprendere il mestiere del giornalista occupandomi, questa volta, di cose serie. Capitan Fracassa, comunque, non è morto. È ritornato con prepotenza qualche anno fa. Per farsi sentire, mi ha dirottato sulla scrittura creativa spingendomi a fondare il blog di “iliubo” e a comporre opere satiriche e saggi umoristici come Odissea: Ulissi, i froci e ‘na troia (una roba “vastasa” che ho rappresentato a teatro nel 2004), Il Peccato di Eva (che vorrei mettere in scena solo se trovassi un Padreterno in crisi di identità!) e Ti tocca anche se ti tocchi (che sto limando per lanciarmi alla ricerca di un editore folle, una sorta di Capitan Fracassa dell’editoria italiana!). 

 5 marzo 2008 

Raimondo Moncada

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