In ginocchio medito sul genio di Antoni Gaudì

L’incomparabile genio di Antoni Gaudì abbaglia e mette in ombra ogni cosa. Quando metti piede nella Place de La Sagrada Familia, a Barcellona, dove operò l’architetto catalano, ti senti piccolo come uomo, come artista, piccolo con le tue minuscole creature. Ma ti rinfranchi, ti carichi di energia. Pensi: l’impossibile può essere reso possibile. 
Centinaia di visitatori fanno la fila ai cancelli, per entrare nel tempio, incuranti del sole cocente. Nelle strade, bus carichi di turisti si fermano ad ammirare l’opera, iniziata nel lontanissimo 1882 e ancora oggi non completata. C’è il cantiere aperto, con gru gigantesche. 
Rimani abbagliato, attraversato da un fremito, incantato dall’imponenza, dalla perfezione, dal fascino, dall’originalità, dalla armoniosa mescolanza di materiali antichi e moderni: la pietra, la ceramica, il cemento armato. 
La guardi, la riguardi. 
Ti dici: non é possibile ideare, disegnare, costruire una roba del genere. Non è architettura è scultura. Non è scultura è opera divina. 
Tocca il cielo. Tocca il cuore. 
Di fronte al monumento c’è solo da inchinarsi e inebriarsi di cotanta arditezza. 
Pensi: ogni tua opera è niente di fronte a quello che hai davanti. 
Gaudì, piccolo come uomo e immenso come artista, non ti scoraggia. Ti stimola, anzi, a trovare il genio che è in te e a tirarlo fuori. 
In ginocchio, medito. 

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