Halloween, non apro alle streghe, solo ai miei morti

Stanotte mi ha bussato alla porta di casa una strega, dai lineamenti simili alla befana. 

– Piove. Ti prego. Mi sto bagnando. 

Non ho aperto. 

– Non credo ad Halloween. Credo solo ai morti. E tra i miei morti non ci sono streghe. Tu me li hai portati i Pupi di Zucchero? 
– No. Non so che cosa siano. Ma ti prego, aprimi!


Ricordo, piccolino, il giorno dei morti, nella mia casetta di San Giullà, ad Agrigento, in Vicolo Seminario, un enorme tavolino stracolmo di dolci e giocattoli per me e per i miei fratellini. Erano sotto un lenzuolo. 

L’evento mi era stato annunciato il giorno prima dai miei genitori. 

– Questa notte potrebbero farci visita i morti e portarci tanti bei regali. 

All’inizio della notte non ho chiuso occhio. Ho allungato le orecchie per afferrare eventuali rumori di qualche caro defunto che sistemava la tavola. 


Niente. 
Nella lunga attesa, l’immaginazione mi ha risucchiato nel sogno e mi sono messo a dormire. Ho sognato proprio loro, i morti che arrivavano: i miei nonni, nonno Raimondo e nonno Giuseppe fare il lavoro di fatica e le mie nonne, nonna Rosina e nonna Carmela sistemare con cura ogni cosa. 
La notte sono arrivati mentre dormivo. Li ho visti, ma non con gli occhi. E mi hanno portato quello che avevo chiesto loro: la pista elettrica con le macchinine da corsa. Era uguale a quella che avevo descritto a mamma e papà: precisa! Avranno di sicuro origliato dietro una nuvola. 
Le streghe senza denti (troppi Pupi di zucchero!) non esaudiscono i desideri dei bimbi siciliani che ora si accontentano sempre di niente per essere felici, di iPhone e di Play Station con i nonni costretti a fare debiti in cielo per accontentare i propri cari nipoti. 
– Un tarallo? Un frutto di Martorana? Un tetù? Un osso di morto? 
– No! L’iPhone, grazie. 
– Ci fai morire!

Raimondo Moncada

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