Il giovane favoloso, un Leopardi che t’aspetti e non t’aspetti

Il film “Il giovane favoloso” di Mario Martone a me è piaciuto. L’ho trovato poetico in più punti. Coinvolgente in alcuni momenti. Elio Germano, il protagonista, è immenso. Dà tutto: anima, corpo, sguardi, respiri, silenzi, rabbia, aspirazioni, dolore, poesia.
Il film ti fa vedere un Giacomo Leopardi da un punto di vista, quello degli autori che hanno scavato nella vita del poeta di Recanati.
Nella locandina, Leopardi è simbolicamente mostrato a testa in giù, al contrario. Non è un caso.
 
C’è una ricostruzione. C’è un taglio, una scelta precisa di sceneggiatori e regista che hanno puntato più su alcuni aspetti e meno su altri.

La pellicola può piacere come non può piacere. 

Il poeta del film, magari, va al di là dell’immagine del Leopardi che ci siamo costruiti a scuola e dell’immagine che hanno gli amanti di Leopardi, chi studia da una vita Leopardi, chi insegna ad amare questo mostro sacro della poesia. Come non riferire, ad esempio, del rapporto non definito con l’amico Ranieri che nel film entra in scena dopo un netto stacco temporale. 
Ognuno ha il suo Leopardi. Forse gli autori hanno voluto calcare la mano su aspetti meno noti, ricostruire il contesto, l’esistenza di un bambino rinchiuso per intere giornate nella biblioteca di famiglia, sotto il caro peso dei tomi. E’ in quella sofferenza, è in quella “costrizione”, è in quella “discarica” di rabbia, che fioriranno le sue liriche. E’ un quadro, il quadro degli autori. Noi, col nostro quadro, con le nostre visioni, lo completiamo.
È un film da vedere. Ti fa vedere un Leopardi che conosci e un Leopardi che non ti aspetti. Ti stimola a riprendere in mano la tua vecchia antologia e ad approfondire l’esistenza, le sofferenze, i patimenti fisici e amorosi di Giacomo Leopardi riversati in opere da pelle d’oca.
Raimondo Moncada

(Tratto da uno scambio di idee su Facebook)

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