“Quel mio indimenticabile assist alla leggenda Messi”

“Ricordo ancora quando entrai in campo. Centomila persone ad applaudire il calpestio delle mie scarpette senza lacci sulla sacra erbetta del Camp Nou che, al mio passaggio, si piegava deferente. Guardiola a darmi una pacca sulla spalla e a dirmi: ‘Vai! Fai la storia. E segna per questa gente che ti vuol bene’. In campo l’ovazione anche dei tifosi avversari e l’urlo di incoraggiamento dei miei compagni blaugrana. Solo i raccattapalle deformarono il muso, pensando al gran numero di palle che sarebbero stati costretti a raccattare. Lionel, celebrato come Messi, si avvicinò alla mia persona. Si tolse la fascia di capitano e, riconoscendo in me la pasta, la pasta del capitano, la strinse forte al mio braccio, così forte da fermare la circolazione sanguigna e a illividirmi il colore della pelle: ‘Questa è tua, ti appartiene’, mi disse. Io, tra le discendenti lacrime sul viso viola, promisi: ‘Non ti deluderò, Lionel!’. Ricordo ancora come fosse adesso il momento dell’azione. Non ci capii niente e per capirci qualcosa frequentai gli anni successivi un corso in Fisica Nucleare. Il portiere mi lancia la palla, una, e quella da giuoco ovviamente. Alzo gli occhi e, con lungimiranza, guardo in avanti. Determino a occhio e croce la localizzazione del mio vicecapitano. Mi muovo in un lampo. Smarco il primo, dribblo il secondo, ubriaco il terzo… Il vino siciliano fa sempre miracoli. Passo a gran velocità la linea del centro campo. Un centrocampista avversario allunga la gamba davanti alle mie gambe e mi fa spiccare il volo. Vedo Sanremo mentre faccio un doppio, triplo giro carpiato in aria. Centomila tifosi trattengono il fiato. E rimangono con la bocca aperta, riparo e ristoro di mosche e zanzare arrivate senza biglietto in Spagna per la partita. Senza più un filo di fiato allo stadio, invio il segnale al mio piede destro: ‘Calcia come dipingi’. Il piede pennella così un colpo ad effetto al pallone che, sempre fedele, mi segue palla al piede. Ne esce un assist che coglie tutti di sorpresa. Pure me. La palla torna indietro, nella sguarnita mia porta. Il pubblico amico ritrattiene l’ultimo residuo di fiato. Il mio compagno portiere, sicuro di sé e di noi, è girato per incitare i tifosi a prendere fiato per non morire soffocati. La palla gli sbatte sulla nuca. Lui, il portiere, cade a terra tramortito, ma la palla… la palla con uno stranissimo effetto finisce non si sa come sui magici piedi di Messi, seduto sull’eretta dall’altra parte del Camp Nou a farsi un solitario a carte. Senza muoversi da terra, fermo come una statua, Lionel sferra un tiro che colpisce prima il mio sedere – ancora in volo – per infilarsi poi dritto, con una parabola mai incontrata in geometria, e dopo aver fatto due giri della porta, in rete. Palla da una parte, portiere senza palla dall’altra. Il gol fa esplodere prima il Maracanà, solo dopo il Camp Nou, solo dopo aver consapevolizzato il gol, mai visto nella storia del calcio. Ora il 6 giugno 2015 a Berlino saremo avversari. Io e Lionel ci contenderemo la Coppa dei Campioni. Lui, la leggenda, giocherà con il Barcellona; io con la maglia bianconera della Juventus. Vinca il migliore o chi segna un gol in più”.  
Un sogno, un bel sogno, cosciente che i sogni aiutano a vivere.

Raimondo Moncada

www.raimondomoncada.blogspot.it

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