Rivoluzione nei concorsi, valore all’autolaurea e agli atenei fai-da-te


Le università italiane non conteranno più. Sarà il deserto. Chi ci andrà? Boh! La laurea italiana in Italia, messa a confronto con le lauree non italiane, varrà in modo relativo. Ma quanto? Sarà importante saperlo. 
Per conquistare un posto pubblico in pubblica amministrazione tramite pubblica competizione, potrebbe non essere sufficiente il 110 e lode, con un bel bacio sulla sudata fronte. Al voto sul pezzo di carta e ai baci corporali si potrebbe aggiungere il valore dell’ateneo che il pezzo di carta ha prodotto. Ogni ateneo avrà un suo voto intrinseco che si aggiungerà al voto estrinseco di laurea. 

Ne discute – leggo sulla stampa – la Commissione Affari Costituzionali della Camera nell’ambito della legge di riforma della Pubblica Amministrazione. E non mancano, com’era prevedibile, le polemiche. 

Gli studenti, lo sappiamo, sono valutati da una vita dai professori o da commissioni di professori. E gli atenei? Chi valuterà il valore del loro peso? Quanto varrà la laurea a Milano, a Venezia, a Torino, a Roma? E quanto un titolo a Napoli, a Palermo, a Catania, ad Agrigento, al Villaggio Mosè? Il titolo di studio conseguito al sud varrà di più di un titolo conseguito al nord? 
E quanto varranno le università italiane in confronto alle università straniere? Il succo di un’arancia di Ribera avrà più valore del succo spremuto da un’arancia del polo nord? La formazione scolastica si peserà come i cavoli? 
Le nuove generazioni, nel loro piano di conquista di un futuro posto di lavoro, potranno essere spinti a una scelta radicale: invece di emigrare a Milano, a Venezia, a Torino, a Roma, perché non andiamo direttamente fuori, in Inghilterra, in America, in Francia? Al Massachusetts Institute of Technology, ad Harvard, a Cambridge o a Oxford? 
Luigi Pirandello andò a laurearsi in Germania, a Bonn, (all’epoca non c’era ancora la Merkel) lasciando Palermo e poi Roma, con una tesi sulla mia lingua giurgintana. I giovani di oggi potrebbero seguirne l’esempio. 
La fuga dei cervelli all’estero potrebbe così cominciare dalla scelta dell’ultima tappa del percorso scolastico di formazione. E non dopo. 
Per mia fortuna, mi sono già autolaureato e non ho più di questi pensieri. Attendo solo, una bella laurea honoris causa italiana o anche straniera. Accetto tutto. Anche una laurea in spremute d’arance. Ho già sotto naftalina tocco e toga accademica, di qualche taglia in più per farci entrare anche la pancia. 
Chissà come sarà valutata la mia autolaurea e il mio ateneo fai da me? Sono molto curioso. Sono sicuro del loro peso: a prescindere, valgono tanto, più di un titolo ufficiale preso in Australia o in Siberia. 
Speriamo bene. 

Raimondo Moncada 

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