Il mio esodio al tg con gli zoccoli 30 anni fa


Un inizio con gli zoccoli. L’esordio nel 1990, con una svolta. Dagli studi universitari sono passato nel volgere di un non cercato provino microfonico agli studi televisivi. Di punto in bianco, senza avvisaglie, senza scritture di destini. Non era scritto da nessuna parte, neanche sui papiri egiziani, neanche nell’insegna luminosa sulla punta delle piramidi, che imboccassi la strada di altri studi. 

Una sorta di colpo di scena in una esistenza tanto segnata dal teatro. 

1990-2020: sono trascorsi trent’anni dagli inizi con gli zoccoli al Tg, il mio primo telegiornale, il mio primo passo nel mondo del lavoro, del giornalismo e di tanto altro. 

I miei primi passi li ho mossi in una tv locale di Agrigento, la mia città natale: Primarete, la tv del delfino nuotante in un mare blu come simbolo. Allora, ricordo, c’erano già altre tv importanti in città come Teleacras, Tele Video Agrigento, Teleradio 98 (divenuta poi Tele Pace). Primarete era l’ultima arrivata in un settore in crescendo, competitivo, vivo, esaltante, ricco di entusiasmi, professionalità, investimenti, di futuro. Primarete è nata con grandi ambizioni, con una grande sede, con una grande struttura. 


Io ho messo piede a Primarete non per merito mio. Se fosse stato per me non ci avrei messo mai piede, mai avrei varcato il cancello di un edificio alla fine della zona industriale di Agrigento (direzione Aragona) in una periferia a me fino a quel momento sconosciuta. Ero allora con poca materia grigia in testa, tantissimi pensieri e giravo a vuoto all’università, in Architettura (facoltà scritta nel mio destino). In un periodo di occupazione studentesca, a Palermo, dopo aver realizzato pure lo striscione della protesta con un albero nero piegato sotto la scritta “Il vento del sud”, mi ritrovo ad Agrigento con i vecchi amici (con alcuni riprendo a giocare a calcetto, con altri mi inserisco in un gruppo folk). E tra una parola e un’altra, Massimo Palamenghi, ora apprezzato fotografo, mi informa della nascita di una nuova tv locale e mi dice: “Vedi che cercano voci nuove”.

“E allora?”, chiedo.

Massimo mi propone di presentarmi per un provino. Preso dalla curiosità di entrare in una tv, mi faccio convincere dalle sue insistenze. Ma non mi do speranze. 

Fino a quel momento non avevo lavorato in tv. Avevo solo esperienze teatrali scolastiche e qualche ludico programma a Rta, Radio Trasmissioni Agrigento. 

Non mi carico perciò di aspettative, di pressioni: “Non è possibile che prendano come speaker uno come me e lo prendano solo per la voce. Non è che ora, ad Agrigento, in Sicilia, si lavora, si guadagna, si ha uno stipendio, si viene messi in regola solo per una voce!”. 

Il pessimismo mi annienta. Ma in questo caso è un pessimismo positivo. 

Lo prendo come un gioco. 

Il giorno del provino mi accompagna Massimo. Con la presenza amichevole, entro nella sede di Primarete che per bellezza e immensità mi scoraggia. Nel piano terra vedo un bellissimo anfiteatro per le trasmissioni, nel primo piano tanti scomparti divisi a vetrate e uno studio televisivo enorme. In fondo c’è la redazione diretta da Domenico Zaccaria.

In un angolo, entrando sulla sinistra, c’è lo studio di registrazione audio, con un mixer analogico impegnativo, microfoni e sale di alta qualità. Tutto è di livello. E questo mi annienta: “Ma che ci faccio qui?”, mi dico con quella voce che tra poco si dovrà esprimere azionando quelle corde vocali che col loro suono potrebbero aprirmi le porte per un inaspettato posto di lavoro. 

Mi aiuta un’altra presenza amichevole. Dietro il mixer scopro Totuccio, il figlio di un grande amico di mio padre, Simone Gramaglia. Ci presentiamo, ci conosciamo. Totuccio ha lavorato come tecnico in una seguitissima radio locale, se non ricordo male Radio Agrigento Uno. Mi dice di “imbucarmi”. Entro così nella sala registrazione, insonorizzata, un odore chimico insopportabile, soffocante; mi metto la cuffia, davanti a me un microfono Senneiser. Solo io non mi sento di qualità, mi sento fuori posto, non più dentro a un gioco. 

Totuccio mi dice di leggere uno dei testi che sono sul tavolo. Li leggo. Mi registra. Registra la mia voce non al computer, non in digitale, ma su un nastro multitraccia. Mi dice poi di uscire di raggiungerlo. Accanto a lui, intento a manovrare vari pulsanti e cursori del mixer per esaltare le qualità del mio suono vocale e che mi sento sparato alle orecchie ad altissimo volume, trovo un signore che si presenta come l’editore della tv: è Vincenzo Randazzo, un imprenditore io cui nome fino a quel giorno non avevo mai sentito. Mi fa i complimenti e mi dice di presentarmi già l’indomani in giacca e cravatta per leggere il telegiornale delle ore 14. Sono sotto choc! non mi aspettavo i complimenti, non mi aspettavo il superamento del provino, non mi aspettavo l’invito a cominciare subito, senza respiro, senza abituarmi alla lontanissima idea di lavorare, di andare in tv, di entrare senza permesso, senza tuppuliare, nelle case delle persone, in diretta, senza la possibilità di sbagliare, con la paura di mala figure a ogni rigo da far ridere mezzo mondo un giorno e l’altro mezzo mondo il giorno successivo. 

L’indomani mi presento timido timido e attrezzato. Recupero una giacca e una cravatta per presentarmi a leggere il mio primo telegiornale. Ricordo il cuore accelerato e che incatenavo con l’antifurto del mio motorino per non farlo uscire dal petto; ricordo i battiti che mi cadenzavano la lettura; ricordo la respirazione forzata per tenere a bada le emozioni; ricordo quanto mi dicevano, e continuano a ricordarmi, gli amici ridendo. 

In estate, facevo sedere il mio inappuntabile mezzobusto in giacca e cravatta nella postazione del tg di Primarete e così mi vedevano leggere dall’altra parte del video le efferate notizie di cronaca: e questo era normalissimo; nel resto del corpo, quello che sotto il mezzobusto non si vedeva, in quanto non d’interesse dell’implacabile telecamera e dell’attento pubblico, mi permettevo di lasciare il vestiario con cui qualche ora prima ero stato a mare, ovvero costume da bagno e zoccoli. Forse era un modo inconscio per non prendermi troppo sul serio e rallentare il battito di quel cuore che ha continuato a battere all’impazzata per tutto quell’anno e mezzo di vita a Primarete, inizio di tutto quello che è venuto dopo. 

A Teleacras, dove poi sono transitato nell’estate del 1991 per leggere il Vg delle 14,05, inserendomi pure nella redazione giornalistica diretta allora da Giovanni Taglialavoro, aprendo un nuovo capitolo della mia esistenza, con altre indimenticabili esperienze professionali, umane e artistiche in una struttura molto ambita per il suo altissimo livello e tra le prime in Sicilia per ascolti, gli zoccoli e il costume da bagno sono spariti. 

Raimondo Moncada

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