Mi chiedono sempre di ricordare mio padre, oggi più di ogni altro giorno.
E lo ricordo da figlio, che da grande e in sua assenza ha voluto ricostruire l’esistenza di un genitore per capire tante cose. E ti accorgi che il sacrificio non è stata solo la mutilazione a sedici anni a San Sepolcro, non sono state le schegge che gli hanno trafitto tutto il corpo. È stato un sacrificio che non si è fermato nel 1944, ma è proseguito condizionandone l’intera esistenza. Perché gli orrori di una guerra ti rimangono dentro per sempre e li trasmetti pure per via genetica ai tuoi figli.
Lui non si è mai stancato di organizzare ad Agrigento le manifestazioni del 25 aprile, di dare la sua personale testimonianza di una scelta di cui è andato sempre fiero, la scelta di entrare in Umbria, lui giovanissimo siciliano, in una piccola brigata partigiana e di unirsi al movimento europeo di resistenza contro la dilagante follia nazista per consegnarci democrazie e libertà a carissimo prezzo.
Ho provato a restituire la memoria di Gildo Moncada, mio padre, attraverso il libro a lui dedicato, edito da AdEst di Gaetano Gato Alessi.
Ho scelto una pagina de Il Partigiano bambino che racconta l’immediato dopoguerra: la difficile ricostruzione della sua vita mutilata e quella di un paese in macerie.
Il video è stato realizzato nel 2020 in occasione di Dedalo Festival Speciale Anticorpi promosso da Ezio Noto.
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