Si salvino gli ospedali dalle nuove tempeste virali. E non si permetta che vengano dedicati, nella loro interezza, solo a pazienti Covid come già accaduto in talune realtà nel periodo più drammatico della pandemia quando ancora non esistevano i vaccini, quando ancora non c’erano tutte le attuali contromisure, quando ancora c’erano solo contagiati, morti, chiusure e disperate ricerche per la messa a punto di un vaccino.
Se sottovalutato, o addirittura ignorato, il Covid rischia di mangiarsi ogni cosa come il videogioco Packman, bloccando ogni attività, pure le nostre vite.
Attenzione, azione e rispetto rigoroso delle misure che si sono rivelate più efficaci per evitare l’espansione del contagio e sgonfiarne i numeri in preoccupante crescita: è quello che ci vuole, è quello che si deve fare per non arrivare troppo tardi a decisioni sempre più drastiche. Il cosiddetto Super Green Pass, in Italia, è stato dettato dalla necessità e urgenza (visto anche quanto sta accadendo di drammatico in alcuni Paesi europei) di non far scattare uno dietro l’altro i famigerati codici, giallo, arancione e rosso, con le conseguenze che conosciamo bene.
Al momento sembrano non esserci alternative valide rispetto alla strada tracciata, in tutte le aree del pianeta e non solo in Italia. Prima della fine dell’anno e del Natale, la cronaca ci riferisce di civilissimi Stati che hanno cominciato a chiudere tutto, ripristinando il dimenticato e odiato lockdown.
È da giorni che si sente suonare qualche campanellino e non solo per il virus che, in questo inverno, vorrebbe fare il guastafeste.
Il Covid è un’emergenza sanitaria ed economica nazionale e mondiale, ma ci sono altre emergenze sanitarie che non possono essere messe da parte, sacrificate. Il virus galoppa e ci sono terapie intensive di alcuni ospedali cominciano a soffrire per l’accoglienza dei nuovi contagiati, che aumentano, che aumentano. E se il numero aumenta e aumenta a dismisura, così come sta aumentando, i reparti Covid potrebbero non bastare più e – è l’incubo di chi non vorrebbe arrivarci – si dovrà ricorrere ad altri spazi o ad altri reparti dedicati ad altro, dedicati alla cura di un tumore, di una patologia al cuore, al fegato, al rene, ai polmoni, al cervello e via dicendo. Perché questo è già accaduto in talune città, ma purtroppo lo abbiamo dimenticato pensando di avere sconfitto per sempre l’attuale campione dei virus.
È già accaduto che per far fronte all’emergenza Covid nei reparti di Oncologia, Cardiologia, Neurologia e via dicendo non siano più entrati in ospedale i malati oncologici o cardiologici o neurologici e via dicendo, ma pazienti Covid con gravi problemi respiratori e altre patologie legate al virus.
È accaduto nel recente e obliato passato – mi ha riferito chi ha operato su uni dei fronti più caldi della pandemia – in città colpite in maniera durissima dalla pandemia e dove per fortuna la sanità, da sempre, funziona ed è bene organizzata con strutture e operatori. E potrebbe riaccadere, anche se la situazione sotto tanti aspetti è mutata in meglio per la conoscenza del virus e del suo comportamento.
Il timore di tanti malati no-Covid e dei loro familiari è questo: non avere più sostegno clinico fino a cessata emergenza.
Mi chiedo: in quanti, dove si è chiuso forzatamente, andando per priorità, non sono riusciti a raccontare la propria esperienza di pazienti gravi privati del proprio vitale reparto di riferimento?
A questo dovremmo pensare quando non crediamo al Covid, quando scendiamo in piazza contro le misure anti Covid, quando protestiamo contro le medicine della Scienza, quando ci ammassiamo senza precauzioni in piazze e mezzi pubblici o quando organizziamo addirittura party da roulette russa per l’insano piacere di giocare col virus. Dovremmo pensare proprio a loro, ai malati, ai gravi malati non Covid che, in caso di altri momenti critici, si potrebbero ritrovare senza medici dedicati interamente a loro per avere diagnosticato e curato il proprio male all’interno delle strutture specializzate; malati che si potrebbero ritrovare senza il reparto dove sottoporsi, ad esempio, a un trattamento salvavita come una chemioterapia.
Ma tanto, di questi tempi, scenderà in campo qualcuno che ci convincerà del contrario, qualcuno disposto a creare anche un movimento “no-chemio” contestandone l’efficacia, arrivando a zittire tutti i creduloni e a reclamare cure naturali senza debilitanti effetti collaterali, come quelli a base di camomilla, menta, liquirizia e irritante ardiculasiciliana, speciale ortica dalle riconosciute proprietà antinfiammatorie e anti tutto. Nella follia generale, si arriverà a protestare per un ritorno agli originali metodi di guarigione di Adamo ed Eva e alla concreta e vigilata applicazione dei salutari detti popolari come quello che ci consiglia di mangiare almeno una mela al giorno per togliere la medicina di torno.
Viviamo in un’epoca in cui ognuno si fabbrica la propria verità riuscendo pure a imporla, convincendo crescenti masse sull’indiscutibile oggettività delle proprie idee. Grazie alla potenza virale dei social, se sei bravo nel loro uso, puoi affermare qualsiasi cosa pure quella dell’ingiusto obbligo del brevetto richiesto fino a oggi per pilotare un aereo: “Ma siamo impazziti? Perché richiedere ancora la patente per guidare un velivolo quando il cielo è di tutti e ogni cittadino può usufruire del proprio personale pilota automatico?”
E, intanto, il virus ringrazia l’abbassamento della guardia e delle temperature. Di giorno in giorno cerca di imporsi sempre di più e di diffondersi di nuovo ovunque ed entrando, muto muto, pure negli ospedali dove, in taluni casi, si è costretti ad alzare le barricate per dei focolai che scoppiano all’interno e con reparti che vengono chiusi il tempo necessario per consentire la sanificazione degli ambienti e la ripresa in sicurezza dell’attività medica anche a favore di chi non crede al virus e all’antivirus e neanche agli appelli di chi prima non credeva al Covid e alle misure anti Covid e poi si è pentito. E a beneficio pure degli stessi vaccinati scaduti e non ricaricati e di chi si considera impenetrabile, invulnerabile, invincibile non considerando la protezione non totalizzante e a tempo non indeterminato del siero che, come l’anti influenzale, andrebbe rinnovato periodicamente prima di provare a fare una sonora pernacchia al virus che si prepara a celebrare il Natale.
Raimondo Moncada
Lascia un commento