San Raimondo e gli auguri miracolosi

Oggi è San Raimondo, ma non sono io. Il San Raimondo del calendario è vissuto in altra epoca, dopo l’anno Mille, quando ancora non esisteva il Covid e non c’erano i vaccini. Un periodo storico, dunque, tanto caro ai no Covid e ai no vax. 

Per chi ama l’anagrafica, diciamo subito che è nato nel 1175 ed è morto un secolo dopo, per venire canonizzato nel 1601. 


Ho alcune cose in comune con il San Raimondo de Panafort a partire dalle sue origini catalane, uguali a quelle dei miei avi. Frate domenicano, San Raimondo iniziò gli studi a Barcellona per ultimarli nella mia patria, in Italia, e precisamente a Bologna dove aprì una scuola nell’ambito dell’Università, il più antico ateneo del mondo occidentale. 

Predicava, insegnava, scriveva libri, si muoveva in giro per l’Europa a piedi, svolgendo un’intensa attività religiosa e culturale: un grande uomo e un grande frate. 

Tanto ci differenzia. Io ad esempio vivo con la mascherina e con tre vaccini già inoculati, mentre ai suoi tempi si viveva senza (non mi risultano affreschi in tal senso). C’erano erbe e preghiere e quando scoppiava la peste si moriva senza fare tante storie sui social. E poi se debbo fare due passi per andare al supermercato, a differenza di San Raimondo io prendo la macchina oppure mi muovo in bus, treno o aereo. E, infine, diciamolo pure: non sono santo né ritengo di emanare profumo di santità. Non finirò mai sul calendario come modello da imitare né come autore di miracoli. 

Però grazie a San Raimondo de Panafort e al suo nome scolpito nei calendari di tutto il mondo cristiano (non in tutti) a perenne memoria della sua vita, in tanti si ricordano pure di me inviandomi affettuosi auguri di buon onomastico. 

Grazie! Essere circondati da così tanto affetto è per me un vero miracolo. 

Raimondo Moncada 

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