Il genio musicale di Pippo Flora

“Trasforma ogni ferita in suoni, parole, colori e sarai felice di avere sofferto”. Sono parole di Pippo Flora, scritte sul suo profilo Facebook appena aperto, il 26 agosto 2010. È l’anno del lancio dell’opera musicale I promessi sposi scritta con il fraterno amico Michele Guardì che ne decreterà la meritata consacrazione artistica a livello nazionale (“dopo avere sofferto” in terra natia). 

Pippo Flora mi chiederà l’amicizia su Facebook nel novembre dello stesso anno, ma eravamo già “amici” da tempo, nella vita reale, in un legame che unisce un maestro indiscusso a uno dei suoi tanti estimatori nonché quasi allievo. L’amicizia reale è nata oltre un ventennio prima su un palcoscenico, uno di quei palcoscenici veri, prestigiosi, solenni, come quello in odoroso e storico legno del Teatro Pirandello di Agrigento, del quale Pippo Flora è stato Sovrintendente. 

Allora – siamo alla fine degli anni Ottanta – il teatro non era aperto ai pubblici spettacoli, ma Pippo Flora ebbe l’idea di farlo vivere, di dargli un’anima, una voce, un suono, aprendo un suo spazio ai giovani aspiranti attori, cantanti, artisti di Agrigento e provincia, giovani su cui lui ha sempre puntato. Erano il suo pallino e rientravano in quel suo progetto di costruire ad Agrigento, ai margini artistici dell’Italia, qualcosa di importante con risorse locali: “Non ci manca niente, abbiamo tutto”. 

Un sogno che ha sempre coltivato lasciando perennemente aperto il cantiere. 

Quelle rare volte che per caso ci incontravamo ad Agrigento, al Viale della Vittoria o in Via Atenea, mi parlava dei suoi progetti artistici e mi chiedeva sempre se fossi eventualmente disponibile per un coinvolgimento. C’era pure l’immancabile invito di salire a casa sua per farmi ascoltare al pianoforte uno dei suoi formidabili pezzi e farmi travolgere dalla sua contagiosa emozione con quelle mani che volavano sulla tastiera. 

Il pianoforte era il suo prolungamento naturale, la sua passione, la sua vita. 

Da Pippo Flora mi sono lasciato coinvolgere, ventenne, in quel laboratorio teatrale affidato al regista Accursio Di Leo e che si è svolto nell‘attuale foyer. Pippo Flora sovrintendeva, era sempre presente, e al momento opportuno chiamava  i ragazzi per il canto, per  scoprire ed estendere le potenzialità della voce, lui al pianoforte, noi allievi a fare i vocalizzi. 

Anche io sono stato chiamato a tirare fuori il meglio dalle mie sconosciute corde vocali, seguendo le sue indicazioni, le sue scale, le sue armonie, i suoi tasti, il suo metodo. Allora ero timidissimo e mi sentivo piccolo di fronte a quello che era stato un mito per tante generazioni e per ragazzi più grandi di me che, durante i miei anni di liceo, erano stati formati alla sua scuola con il musical Nela e Sahabin (ricordo Giovanni Moscato, Carmelo Sardo, Simona Carisi, Peppe Zarbo, Tony Bruccoleri, Paola Casuccio, la figlia Giorgia Flora …). Una compagnia eccezionale di attori-cantanti-ballerini che ha attirato così tanto la mia curiosità da andarla a vedere alle prove al teatro San Francesco di Via Pirandello. Sono gli anni in cui facevo teatro con la compagnia del liceo scientifico Leonardo, diretta dalla mia professoressa di Italiano Teresa Panzarella, con l’attento supporto  degli attori  del Piccolo Teatro Pirandelliano Pippo Montalbano e Lia Rocco. Le ultime prove del primo spettacolo del Leonardo  le ho fatte proprio al San Francesco, diventato luogo di formazione, di incontro, di stimolo, di creatività. Qualche volta ci davamo il cambio: prima i grandi, poi i piccoli (o viceversa) che avevano tanto ma tanto da imparare, già solo guardando. Come avrei avuto tanto ma tanto da imparare se allora si fosse concretizzata l’idea di Pippo Flora di costituire una nuova grande realtà artistica con dentro tanti di quei giovani talenti che negli anni hanno trovato sfogo principalmente nel gruppo folcloristico e raramente nella compagnia teatrale.

 

Pippo Flora è stato un grande sognatore, promotore culturale, organizzatore di eventi, compositore, pianista, un autentico genio creativo, un punto di riferimento per tanti giovani come me in cerca di maestri e di futuro. È riuscito a trasformare ogni sua ispirazione, ogni suo slancio, ogni suo ritiro, ogni sua sofferenza, in capolavori. 

Pippo Flora ha chiuso per sempre gli occhi al pianoforte di questa terra lasciando viva la sua memoria in chi l’ha amato, stimato, seguito, e lasciando il suo divino estro in opere immortali.

Nel mio piccolo, e in un momento in cui la memoria non mi aiuta, ho sentito anche io il dovere di recuperare i miei ricordi, rendergli omaggio ed esprimergli la mia gratitudine per la fortuna che ho avuto ad incontrare un grande.

Raimondo Moncada 

*La foto pubblicata è quella del suo profilo Facebook 

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