C’è tanta Sicilia nelle tracce dei temi proposti all’esame di maturità 2019. C’è Leonardo Sciascia, scrittore agrigentino di Racalmuto, col suo celebre romanzo Il giorno della civetta che prende le mosse dall’omicidio del sindacalista della Camera del Lavoro di Sciacca Accursio Miraglia, avvenuto il 4 gennaio 1947.
C’è il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa (“Martire dello Stato”) ucciso a Palermo, il 3 settembre 1982, in un agguato mafioso assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo.
C’è Corrado Stajano, cremonese, giornalista, scrittore, docente universitario, con le sue Eredità del Novecento. Ha scritto opere in cui ha parlato della nostra terra. Nel libro La Stanza dei fantasmi, dedica alla nostra terra il capitolo dal titolo Sicilia mia.
C’è, tra sport e storia, Gino Bartali, fiorentino, leggenda del ciclismo mondiale e campione di umanità (fu nominato “Giusto tra le nazioni” per aver salvato numerosi ebrei), corse anche nella nostra terra. Riporta l’enciclopedia Treccani: “Si rodò per la stagione 1940 in alcune gare in Libia e in Sicilia, per poi dominare, per il secondo anno consecutivo, sia la Milano-Sanremo sia il Giro di Toscana”.
Ci sono poi le Istruzioni per l’uso del futuro di Tommaso Montanari, i Risvegli (da Il porto sepolto) di Giuseppe Ungaretti e L’illusione della conoscenza di Steven Sloman e Philip Fernbach che come argomenti inglobano anche l’isola siciliana.
Prima che uscissero le tracce dai canali secretati del Ministero della Pubblica Istruzione, nel toto-tema impazzavano i nomi di altri scrittori siciliani, da Giovanni Verga a Luigi Pirandello, uno catanese e l’altro sempre agrigentino.
Ricordo a questo proposito il mio esame di maturità e l’attesa. Siamo alla fine degli anni Ottanta al liceo scientifico statale “Leonardo” di Agrigento. Non c’era internet, non c’erano gli smartphone. C’erano solo gli aeroplani di carta. Il cuore del mio tema è stato un quadro, con raffigurato un sole che si fa spazio nella nebbia. L’autore non è siciliano, ma francese. È Claude Monet, pittore impressionista tanto amato da mio padre Gildo. L’ansia di settimane e settimane, di un cuore ormai malandato, si è come diradata d’improvviso quando ho cominciato a scrivere, non pensando più a nient’altro, non guardando più le finestre spalancate e gli aeroplani di carta svolazzanti. Ogni frase una pennellata, ero dentro Monet, dentro il suo quadro, dentro la mia scrittura. Al liceo amavo scrivere a tema libero, mi dava più libertà. Nel buio mi spuntava il sole.
Raimondo Moncada
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