Scolpire il silenzio, a teatro, su un palcoscenico

Il teatro ti regala emozioni uniche. Il silenzio, il respiro del pubblico… 
Tutto è nelle tue mani: nella tua voce, in quel che sei ed hai da raccontare. 
O c’è o non c’è. 
E ridi e piangi. E fai ridere e fai piangere.

Quando si apre il sipario sei tu, solo, nel buio, accecato da un faro. 

Al di là non vedi nessuno. 

C’è come un muro. 

È tutto nero. 
Sai che ci sono dieci, cento, mille occhi, che ti guardano. 
Sai che ci sono venti, duecento, duemila orecchie che ti ascoltano. 
Il sipario si è aperto e tu non sei più lo stesso. Non lo puoi essere. 

Parole, silenzio. Silenzio, parole. 
Hai da dare qualcosa. 
Devi dare qualcosa. 
Senti l’attesa. 
Senti il respiro. 

Nessuno ancora tossisce. 

Quando il pubblico tossisce significa che non è ancora preso. 
Quando il pubblico tossisce non ha il battito sintonizzato a quello tuo, che stai lì, solo, illuminato dall’occhio di bue. 

Apri bocca.
Dai voce alla tua voce. 
Dai voce alla voce di altri. 
Sei tu, ma sei anche un altro. 
Sei un personaggio, sei una storia, sei una emozione. 
Non tutto è parola e non tutto è silenzio. 

Il teatro è tutto buio. 
Su di te sempre quel faro che non ti fa vedere nessuno. 
È tutto avvolto nel silenzio. 
Senti in gola il battito del tuo cuore, senti il palpito del pubblico. 
Il silenzio diventa allora una rozza pietra di marmo. E tu cominci a scolpire con le parole, con le emozioni, con i tuoi stessi silenzi che sanno di parola, di detto e di non detto. 
Qualcuno e qualcosa vive in te e attraverso di te. 
Ed escono emozioni.
Ed arrivano emozioni.
Tutto si amplifica. 
Non sei più tu. 
Ritorni in te stesso quando il sipario si richiude e ritorni in camerino.
Ma ti rimane dentro l’eco del silenzio, di un teatro che ha vissuto del tuo respiro, del tuo battito, delle tue parole, del tuo stesso silenzio.  

Raimondo Moncada 

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