Donne di altre terre, 8 marzo 2010


Gli alberi,
intirizziti da un inverno senza fine,
ci regalano acerbe mimose.
Le donne festeggiano le donne
E gli uomini, per scherzo,
si fanno gli auguri tra di loro.
Sui giornali notizie
di rituali manifestazioni,
con il Premio Mimosa d’Oro che si rinvia
per il crollo mortale di una povera casa.

Le scuole recitano poesie
e conferenze in aula magna.
Cuochi di ameni ristoranti
preparano il cenone
per comitive di amiche divertite.
Improvvisati commercianti d’un giorno
presidiano dal primo mattino
i punti nevralgici della città
con banchetti coperti di fiori
e un manifesto bene in vista 
a rammentare ai distratti l’annuale ricorrenza:
“E’ la festa della donna.
Un mazzetto di mimose 5 euro”.
Si augurano generosi gesti cavallereschi,
per portare a casa un po’ di utili denari.


All’ora di pranzo, il traffico riposa. 
Il silenzio urbano fa compagnia
all’insolita temperatura glaciale.
È tutto chiuso, tranne trattorie vocianti
e venditori di panini con meusa e panelle.
Resistono, nel deserto delle strade,
i dispensatori di mimose a pagamento.
Dopo ore di veleno, pompato nei polmoni
da catene di macchine fumanti,
non tutto il carico giallo è stato venduto.
Nel pomeriggio stanco e raffreddato,
i mimosai preparano slogan da gridare al vento
con profumati sconti come al mercato,
per attirare maschi indecisi e ritardatari.
Di tanto in tanto passa indifferente un automobilista
diretto non si sa dove e con quali pensieri.
La città è a casa a mangiare
col televisore acceso a capotavola
a vomitare resoconti sulle celebrazioni rosa
e a dare voce all’annuale messaggio del Presidente della Repubblica.


Nelle vie commerciali
è tutto momentaneamente inanimato.
Le ridondanti vetrine trasparenti,
ancora cariche di merce,
sono vigilate da inespressivi manichini di donna
con e senza testa,
alcuni agghindati con abbigliamento invernale
ribassato fino al 70-80 per cento,
altri coperti con la nuova scollacciata collezione estiva
a sfidare le rigide temperature stagionali
e la freddezza di vecchi clienti impoveriti.
Negozi di sfarzosi gioielli
e di accessibile bigiotteria
si pavoneggiano all’ingresso
con gigantografie di femmine
esageratamente incantevoli.
In un punto vendita di prodotti di bellezza
un cartello prega di
“non sostare i motorini davanti la vetrata”


mentre un tabellone con un dolce viso muliebre
invita a lasciarsi conquistare
dall’efficacia di un siero anti-età
e dalla seduzione del colore pieno.
Manifesti pubblicitari informano
che “Radiosa veste l’amore”
e che il Green Paradise Club organizza
un “Hot party” da non perdere.
Una locandina ci consiglia di dire “Ti amo”
con un cuscino, una “Tazza love”.
Un centro di telefoni cellulari di ultima generazione
si presenta con una signora rosso fuoco
dalle eccitanti forme scolpite dalla moda
che con un rossetto ci scrive ammiccante
un convinto “Amor
incorniciandolo in un artistico cuore.


Oggi è l’8 marzo 2010.
Il mondo evoluto celebra la Giornata Internazionale della Donna.
Un incontro qui, un convegno là,
l’immancabile premio alla miss del giorno
acclamata dal popolo di internet,
mamme felici a ringraziare
per un dono emancipato di mimose;
foto e filmati in bianco e nero di virili femministe,
ora arrugginite dal tempo,
a ricordare, comunque, a tutti
che la battaglia per le pari opportunità
non si è conclusa
e che a pochi chilometri da casa nostra,
sull’altra riva del confine d’acqua, 
figlie, madri, mogli,
donne di altre terre ridotte in schiavitù,
attendono in lacrime un legno
per attraversare il mare della libertà.

Raimondo Moncada
8 marzo 2010

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