È un periodo in cui tutti in Italia si inchinano. Io mi inchino davanti a una immensa personalità agrigentina: Enzo Lauretta, intellettuale, scrittore, saggista, promotore culturale, professore, presidente del Centro Nazionale di Studi Pirandelliani. Persona seria, rigorosa, colta, coltissima. Il sapere era in lui traboccante. Bastava stargli vicino per esserne bagnato. Lo sentivi parlare e rimanevi affascinato dalla sua ricchezza.
Era così serio, misurato, nei suoi interventi pubblici, che sembrava non sorridesse mai. Invece sorrideva e rendeva sorridenti le persone che avevano la fortuna di incontrarlo. Sorrideva, comunque, la sua sconfinata cultura mai fine a se stessa. Era un uomo di pensiero e di azione. L’impegno, prima di tutto, verso una terra che amava.
Agrigento deve tanto a lui. La cultura siciliana deve tanto a lui. La scuola italiana deve tanto a lui. Enzo Lauretta ha dato tanto alla sua terra, illuminandola. Per mezzo secolo ha promosso il convegno di studi pirandelliani, portando ogni anno e per una settimana nella città natale di Luigi Pirandello migliaia e migliaia di studenti provenienti da tutt’Italia.
Ho un ricordo personale del professore Enzo Lauretta. Un piccolo-grande ricordo – per qualcuno magari insignificante – che mi tengo caro. Tanti e tanti anni fa mi chiamò per dare voce ad alcune pagine di un libro di Andrea Camilleri. Ne fui onorato doppiamente, uno perché mi aveva chiamato il professore Lauretta (con cui mai avevo avuto fino ad allora un contatto), due perché leggevo Andrea Camilleri in presenza di Andrea Camilleri. Così avvenne, con grande mia emozione, all’interno di un Circolo Empedocleo gremito all’inverosimile. Un incontro speciale e un insegnamento. Nonostante la caratura dell’ospite e i tanti intervenuti che sarebbero rimasti volentieri l’intera serata a sentire Andrea Camilleri, il prof Lauretta chiuse l’incontro dopo 50 minuti. Una lezione di organizzazione, di stile e di rispetto del pubblico. Per Lauretta era il tempo limite di attenzione umana. Poteva concedere solo qualche minuto in più alla sua regola aurea, come fece quella sera con lo scrittore empedoclino. Poi ringraziò e salutò tutti, dando appuntamento ai successivi incontri con altri autori.
La cultura italiana perde un grande.
Raimondo Moncada
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