Parigi, una festa mobile da vivere


Un italiano a Parigi, da siciliano lettore di Papa. Rivivere Parigi seguendo la traccia dei ricordi vecchi di trent’anni (gita di fine anno al liceo) e attraverso le pagine del grande scrittore americano Ernest Hemingway, soprannominato Papa. 
È quanto mi è capitato in una strana estate: calda in Sicilia, fredda e piovosa in Francia. 

Hemingway scrisse del suo soggiorno a Parigi nel libro incompiuto Festa Mobile. Racconta degli anni della sua formazione letteraria, dei luoghi dove abitò (a partire da Rue Notre Dame des Champs 113), dei bar dove scrisse, degli artisti incontrati come Ezra Pound e Francis Scott Fitzgerald e miss Gertrude Stein. 

A Parigi cerchi la Parigi di Hemingway e nello stesso tempo ripercorri i tuoi luoghi liceali: il quartiere degli artisti di Montmartre, le strade a luci rosse di Pigalle con il Moulin Rouge, il Louvre, la chiesa di Notte Dame, la sagoma d’acciaio della Tour Eiffel che buca le nuvole… Ritrovi i colori e le forme e le atmosfere di quel movimento impressionistico che tanto ti impressionò e che fu anche splendido tema d’esame di quinto anno (ti immortali con uno splendido quadro di Monet che ammiri da vicino, da lontano, da dove ti è possibile). 
Giri la città a piedi per Boulevards, Place, Rue, i Quai lungo la Senna, evitando le comode stazioni della metro. Ti stanchi, arrivi la sera sfinito con le gambe gonfie, i polpacci paralizzati, ma ne vale la pena. 


Vai a Place Vendome, a pochi passi dall’Opera, e trovi il leggendario Hotel Ritz e l’omonimo bar dove Hemingway lasciò una sua impronta. Il bar, leggo, è dedicato a lui. Peccato sia tutto chiuso e oscurato, per lavori di restauro. Godi comunque della magnificenza della elegantissima piazza e del gran lusso dei negozi. La facciata del Ritz è coperta da un grande telone che delimita il cantiere. È off limits. Il prospetto originario è solo dipinto sul telone che maschera il locale frequentato da altri grandi artisti come Francis Scott Fitzgerald, Marcel Proust, Charlie Chaplin, Greta Garbo, Coco Chanel. 
Vai al Jardin du Luxembourg dove Hemingway andava a passeggiare e senti i suoi passi e annusi i suoi odori e provi le sue emozioni e capisci perché frequentava questi posti per ispirarsi, per scrivere. 
Trovi la risposta. 

Parigi ti ispira in ogni piazza, in ogni via, in ogni giardino, in ogni monumento, in ogni chiesa, in ogni museo, in ogni stazione metropolitana, in ogni angolo sperduto, dentro ogni brasserie, dentro ogni bistrot, lungo la Senna. Tutto è grandioso, tutto è magnifico, tutto è magia. Ovunque è bellezza e richiamo alla bellezza. Ovunque è arte e spunto d’arte. Ovunque convive, in audace contrastante armonia, passato, presente e futuro (i grandi tubi del Centre de Pompidou dell’architetto italiano Renzo Piano, la piramide in acciaio e vetro piantata nel cuore dell’edificio del Museo del Louvre terminale del Jardin des Tuileries). 
Ogni quartiere è diverso, non è uguale all’altro. Ti offre sempre una suggestione nuova. 

Quando respiri, respiri il respiro di Hemingway. Quando guardi, vedi con gli occhi di Monet. Quando vivi pensi di vivere nella stessa città dove hanno vissuto grandi scrittori e pittori e scultori e musicisti e ballerini e compositori e stilisti. Tu stesso ritorni o diventi artista. Ti riconcili con la tua natura. 
Scrive Hemingway in Festa Mobile: “Essere capitato in tutto questo nuovo mondo letterario, con il tempo di leggere in una città come Parigi dove c’era modo di vivere bene e di lavorare, per povero che fossi, era come aver ricevuto nelle tue mani un gran tesoro”. 
Alla fine del libro, Papa scrive ancora: “Parigi, la città meglio organizzata che esista perché uno scrittore ci scriva”. 
Raimondo Moncada

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