“Periferie: Terre Forti”, ai margini di un’Italia emarginata e resistente

La villetta del Villaggio Mosè, a sud della schiera delle case
popolari, all’ingresso orientale del Viale Leonardo Sciascia 

È un ragazzo di periferia. E dalla periferia delle periferie è andato al nord per trovare altre periferie, con nuovi compagni di strada. 
Lo conosco bene. Abbiamo condiviso una bella fetta di vita assieme, in tante periferie: al sud, in Sicilia, in provincia di Agrigento, a Raffadali, paese quest’ultimo dove ho trovato una mia seconda casa, io venuto da quella periferia del Villaggio Mosè dove ho vissuto per tanti anni dopo avere trascorso l’infanzia nel cuore pulsante del centro storico di Agrigento, divenuto poi periferia quando lo hanno svuotato di anime per riempire altre più moderne e numerose periferie chiamate “quartieri satellite” (periferia è essere lontani, distanti, isolati, abbandonati, degradati, non considerati, non importanti, non indispensabili, fuori dal centro… giusto per capire di cosa parliamo).  

Con Gaetano Alessi abbiamo tanto in comune. A cominciare dagli affetti. Ma non è argomento di queste mie riflessioni, sgorgate spontaneamente, durante un viaggio in macchina. Non un giudizio o una recensione, ma solo l’espressione di un sentimento.
Mi lega a Gaetano, dicevamo, una terra – periferia d’Italia, d’Europa, del Mediterraneo – dove siamo nati e cresciuti e il cui odore ci porteremo addosso fino alla fine. E Gaetano non ha dimenticato queste sue origini, la punta più profonda delle sue radici. Emigrando nel ricco e produttivo nord – così ci è sempre stato descritto a noi meridionali – ha trovato o si è cercato altre periferie, non solo centri abitati ma anche uomini che Gaetano tutela, oggi da sindacalista, con una forza e una coerenza che gli vengono da lontano, da molto lontano.
L’illustrazione di copertina del libro
è opera di Gianlorenzo Ingrami

Gaetano è sempre stato un combattivo, una roccia, fin da piccolo. E pure un generoso, oltre che carismatico trascinatore. Si è fatto sempre da solo, con le proprie mani, partendo e ripartendo anche da zero, non fermandosi di fronte a ostacoli in apparenza insormontabili. Lasciando la sua Sicilia, dove per tanti anni ha lottato e seminato, ha deciso un giorno che doveva staccare e ripartire. Ed è ripartito da Bologna, forte dei suoi ideali, forte dei suoi luminosi punti di riferimento, forte dei suoi fuochi, forte della sua forza interiore. E a Bologna non ha interrotto il suo percorso, lo ha continuato e lo ha arricchito, mettendosi sempre dalla parte dei più deboli, a tutelare i loro diritti, a denunciare anche con la penna realtà al limite e ad accendere le luci su esemplari personaggi resistenti come Vittoria Giunti, uno dei suoi fari, a cui ha dedicato un libro che ha avuto il meritato riscontro in tutta Italia (nel 2011 ha ricevuto il premio nazionale giornalistico “Giuseppe Fava” sezione giovani, si è messo a fare attività antimafia nelle università ed ha girato in lungo e in largo a parlare delle sue pubblicazioni, delle sue ricerche, della sua esperienza).


Ora Gaetano si presenta con un nuovo libro “Periferie, Terre Forti”. Lo scrive non da solo. Ma con un giovane compagno di viaggio, Massimo Manzoli, ingegnere meccanico di Ravenna, anche lui, come Gaetano impegnato nel sociale e, con l’associazione culturale “Gruppo dello Zuccherificio”, anche in attività antimafia. Un curriculum di tutto rispetto. Non conosco Manzoli e non posso parlarne così come parlo di Gaetano, toccando tasti molto personali. Ma da quello che capisco è pure un tipo tosto, determinato e con le idee molto chiare. Un ottimo compagno di viaggio, insomma.   
Massimo Manzoli e Gaetano Alessi 
Con Gaetano Alessi ha scritto un libro che in poche settimane ha già fatto fuori tutte le copie della prima edizione e con un tour di presentazioni che autori altisonanti e con editori di rilievo si sognano. 
È un libro orgogliosamente indipendente autoprodotto, con il marchio di origini raffadalesi di “Ad Est” in prima pagina. È un grande contributo di conoscenza e una denuncia su quelle parti d’Italia ai margini ed emarginati. Un siciliano, Gaetano, e un romagnolo, Massimo, con un reportage giornalistico vecchia maniera, arricchito da sensibilità e passione fuori dal comune, ci restituiscono quadri di periferie che altrimenti non avremmo conosciuto. E ne parlano non per sentito dire, non cercando informazioni su Google e rimaneggiando il materiale trovato. Ma andando col proprio corpo, con i propri cinque sensi, a vivere le realtà da raccontare, da nord a sud, fotografando i luoghi e la loro umanità, dando voce alle voci di periferia. 
Ne esce così un testo vivo, vero, per capire l’altra Italia: Le Piagge (“il bronx di Firenze”), la Valle di Susa (ieri luogo di lotta partigiana, oggi del movimento No Tav), Librino (il “quartiere ghetto” di Catania) e Gaetano Saffioti, imprenditore coraggio che combatte in prima linea contro la ‘ndrangheta non fuggendo dalla sua casa di periferia di Palmi.
Prima di “Terre forti”, non sapevo nulla, assolutamente nulla di Le Piagge. Non sapevo che anche “la ricca e sfarzosa Firenze avesse il suo “inferno”, “un quartiere da evitare, secondo la maggior parte dei fiorentini”, dove però esiste “un’esperienza decennale di resistenza” civile per migliorare le condizioni di degrado e di marginalità. Il quartiere, apprendo, “sorge su una striscia di terra lunga e stretta, parallela all’Arno e alla Via Pistoiese”. La cementificazione, “su un’area a forte rischio idrogeologico, in cui non si doveva costruire”, viene pensata negli anni ’80. “Il Comune di Firenze, in risposta all’emergenza abitativa, propria a gran parte del territorio italiano, decide di attuare un piano edilizio per la realizzazione di case popolari”. Un quartiere dove, con l’andare degli anni, la vivibilità è via via peggiorata, con una altissima disoccupazione e disagio sociale. 


“Periferie: Terre Forti” è la ripartenza di Gaetano Alessi, emigrato gradualmente integrato, prima operaio, poi funzionario della Cgil-Filcams di Bologna, ora saggista, giornalista free-lance e scrittore. Il libro nasce dalla necessità, dall’urgenza intima di riprendere un antico cammino dopo la fase iniziale di ambientazione in un mondo nuovo. Gaetano ritorna “in un mondo di frontiera, fatto di centri sociali, di fabbriche occupate, di oratori di quartieri malfamati, di comuni intrisi di mafiosità. Luoghi – spiega –  dove vedi tutta la povertà del mondo, ma anche gente disposta a spartirsi quel poco che ha. Luoghi dove l’unica forma di Stato è una pattuglia della Polizia. Lì tra quella gente ho ricominciato a sentire le radici rinascere. Lì è nata l’idea di questo libro”. 

Le case popolari del Villaggio Mosè, quartiere “satellite”
di Agrigento edificate tra gli anni Sessanta e Settanta

Dell’idea, della gestazione, dei primi passi, Gaetano mi ha parlato più volte al telefono e poi a casa. È passato un bel po’ prima di darlo alle stampe con una impaginazione speciale, realizzata utilizzando il sistema che agevola la lettura a chi ha disturbi visivi.  

“Non è un libro di denuncia, né tantomeno una serie di inchieste”, dice Massimo Manzoli, “ma il racconto di un viaggio fatto da due persone diversissime tra loro, un uomo del sud e uno del nord, che nelle proprie radici umili e contadine hanno trovato terreno fertile per i propri ideali. Forse è da lì che nasce questo libro, da quella voglia di ascoltare, di capire e di capirsi in silenzio, di raccontare le storie di frontiera, di periferia appunto, che a ben pensarci sono le storie delle nostre famiglie, dei nostri amici, dei nostri compagni”. 

Potevano essere tante altre le periferie di cui occuparsi, nota nella prefazione Andrea Bigalli, prete fiorentino, referente per la Toscana dell’Associazione Libera. “Le Piagge, la Val di Susa, la Calabria, la Sicilia, fanno da metodo per interpretare gli altri in cui ci può capitare di passare. Ho riconosciuto in queste pagine la generosità nel setacciare e scandagliare, con occhi di giustizia e po’ di tenerezza”. 

La tenerezza, che è anche speranza, è già nella bella copertina: un amorfo e moderno edificio, uno di quelli che trovi uguali e senza vita al nord come al sud, si lascia sbucare da un cuore gigante che si apre a un infinito cielo stellato con una grande stella rossa a svettare in alto sopra una rosa, pure di colore rosso, che si fa largo dalle dura fondamenta di cemento armato. 


Raimondo Moncada

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