Me lo sono chiesto ieri, non oggi. E ieri stesso, non oggi, mi sono dato alcune risposte, cercando di avvicinarmi alla definizione più appropriata riflettendo sui miei primi anni vissuti social.
Facebook non è solo uno spazio pubblico o uno spazio privato. Non è neanche un eremo. Non è un antro solitario, ma puoi decidere di starci da solo non accettando alcuna amicizia nemmeno quella del tuo migliore amico (ti limiti a guardare, a leggere, a fare da spettatore attivo). Non è luogo di esclusivo anonimato perché comunque, anche sotto copertura, una identità te la dai e a quella devi rispondere: se sei un maschio e ti presenti come una utente femmina devi comportanti come femmina in pensieri, parole, opere e omissioni (attenzione alle crisi di identità, a lungo andare si rischia di diventare quello che si afferma di essere).
Facebook non è la vita, anche se in tanti stanno tutto il giorno connessi con i cellulari in mano, sempre accesi, in attesa della sonora notifica, dell’agognato “mi piace” o del commento ricercato, riponendo fiducia cieca nella scienza che dice che il cellulare non fa male o, più precisamente, non ci sono prove che dimostrino con innegabile oggettività, che faccia male.
Facebook non è il surrogato di un buon libro. Non è il sostituto di giornali o di telegiornali (girano in rete tante incontrollate bufale create ad arte e, nella disattenzione o overdose di contenuti, credute vere notizie). Non è un’enciclopedia né un dispensatore di risposte o soluzioni indiscutibili. Non è solo uno sfogatoio, un confessionale o un contattatoio o un mezzo di comunicazione.
Nella sua variegata complessità, penso che Facebook si avvicini molto a una sorta di luogo di rappresentazioni. Ognuno di noi si rappresenta come vuole (anche diversamente da com’è nella vita reale perché il mezzo ti aiuta e dunque: primattore, eroe, scienziato, salvatore della patria… oppure ombra, fantasma ecc.). E ognuno di noi rappresenta la sua realtà come crede, credendo o facendo finta di credere che sia la realtà vera, la direzione vera, la verità vera. Io mi sento spesso Goldrake.
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