Una biblioteca armata per combattere miserie e violenze

Può una biblioteca, pulita, profumata, spaziosa, aperta, accogliente, fornita, colorata, elegante, gentile, rispettosa, moderna, armata di libri, farti rimanere incantato? A bocca aperta e con gli occhi sgranati di fronte a una meraviglia che non ti aspettavi di trovare? 


Mi è accaduto entrando nella biblioteca comunale di Palma di Montechiaro dedicata nel 1993 al giudice Giovanni Falcone. Non venivo a Palma, dentro il paese, non so da quanto tempo. Lo scorso anno mi sono avvicinato, con una presentazione di libri sul lungomare di Marina. 

Sabato è successo, a pochi passi dallo spettacolo della Chiesa Madre. Ho rimesso piede nella mia Palma, dove da ogni pietra sbucano ricordi. Ho rivissuto Palma di Montechiaro attraverso un evento culturale nella sua biblioteca. 

Non c’ero mai entrato. Ne avevo sentito parlare in occasione della consegna proprio alla biblioteca di Palma del premio speciale “Alessio Di Giovanni”, a Raffadali, nel 2014, per la promozione culturale. Parlando con la direttrice Provvidenza Maria Mogavero, scopro che l’Alessio Di Giovanni non è l’unico premio ricevuto. La biblioteca ne ha ricevuti tanti, tantissimi altri, a livello nazionale, per le tante, tantissime attività e iniziative che in questo luogo si sono organizzate e si continuano a promuovere. 

L’ultima in ordine di tempo è stata la presentazione del libro “Periferie: Terre forti” di Gaetano Alessi e Massimo Manzoli, voluta dal sindaco Pasquale Amato. Sono stato chiamato per “chiacchierare” con i due autori alla presenza attiva, tra gli altri, degli studenti del locale liceo scientifico “Odierna” (che hanno voluto dialogare con gli illustri ospiti provenienti da Bologna e Ravenna dopo aver letto il libro). 

Non un chiacchieratore qualsiasi, ma un bambino, un ragazzo, appartenente a molteplici periferie. Una di queste mie periferie è stata proprio Palma di Montechiaro, paese materno, dei miei nonni Giuseppe e Carmela. E non potevo non iniziare la mia personale chiacchierata con Gaetano e Massimo non ricordando le mie origini, il mio legame con questa terra, con un paese descritto nel 1967 – anno della mia nascita -, come il più povero del Sud Italia in una inchiesta a firma del giornalista e scrittore Pippo Fava (ucciso a Catania nel 1984 in un delitto mafioso). E così, nella mia personale introduzione, parlando delle mie periferie (forti? fragili?), ho citato, con riferimento a Palma, un brano di quell’inchiesta, in cui Fava descrive mezzo secolo fa un paese poverissimo, senza fognature, con bambini scalzi che giocano per strada tra i liquami e un numero sterminato di mosche. Terribile. 

Bambino, negli anni Settanta, andavo a trascorrere le mie vacanze estive a casa di mia nonna Carmela, in Via Crispi, io e lei. La mia innocenza mi faceva vivere Palma come un paradiso. Vedevo solo il bello. L’umanità dei cari familiari, della gente, e l’accecante bellezza delle architetture. Ancora ricordo il sapore della pasta a forno di nonna Carmela. Unica e sola. Inimitabile. Mai più ritrovata. E ricordo le arancine che mi preparava, fritte una alla volta in un tegame. E ricordo il suo affetto, in quell’abito nero che non ha mai tolto dopo la morte di nonno Giuseppe. Un paese povero, abbandonato da tutti, pure dal cielo, svuotato dall’emigrazione, ma con grande dignità, con una umanità sofferente che scavava volti che invecchiavano precocemente (“umanità” parola che il sindaco Amato ha ripetuto più volte, affermando che una politica umana non creerebbe periferie). 

Palma di Montechiaro: una delle mie periferie che ho aggiunto alle periferie raccontate con passione civile e coraggio (vedi l’esemplare storia, a Palmi, di Gaetano Saffioti) da Gaetano Alessi e Massimo Manzoli (nel loro libro, nel capitolo “Librino”, periferia di Catania, fanno parlare Pippo Fava). 
Quella grigia e triste immagine di estrema periferia del mondo, ritrovata in seguito in libri e inchieste giornalistiche, è stata positivamente lacerata d’un colpo entrando nella sede della biblioteca Falcone, nel Palazzo Ducale dei Tomasi di Lampedusa, quello del Gattopardo, all’ingresso del paese, ai piedi di quella Chiesa Madre disegnata e dipinta in più occasioni da mio padre Gildo Moncada.
Mettendo piede in biblioteca, vengo colpito da una luce accecante. 
Ritorno allora alla domanda iniziale con ossessiva ripetizione: può una biblioteca, con i suoi libri ordinati, le riviste e i giornali, i dvd, i 35 mila documenti raccolti in 29 anni di vita, bloccarti in un magico momento di incanto?
Può. Può. Può. 
Entrando in biblioteca, la prima cosa che chiedo al personale è un depliant di quello che si rivelerà un vero e proprio monumento: alla cultura, al desiderio di riscatto, di cambiamento, di normalità. Poi visito i suoi innumerevoli spazi. Libri ovunque: sui tavoli, sulle mensole, su espositori. Luoghi che ti fanno venire subito la voglia di prendere uno dei tanti volumi esposti con cura, sederti, leggere e non uscire più se non con la forza pubblica. 
È bello sapere – dal sindaco Amato e dalla direttrice Mogavero – che la biblioteca è molto frequentata non solo dai giovani ma anche da tanti anziani. Luogo vivo di conoscenza, approfondimento, riflessione e incontro tra più generazioni. All’ingresso, davanti allo spazio per ragazzi, è affisso un manifesto con una frase di Giovanni Falcone sul valore dell’istruzione. Un’istituzione e un giudice legati da un valore profondo. Leggo nella pagina internet del Comune: “È chiaro il senso dell’intitolazione della biblioteca a Giovanni Falcone: la cultura, la conoscenza, l’informazione non sono un optional nella vita del cittadino; sono al contrario presidio e baluardo contro la criminalità e la violenza”. 

Il prossimo anno sarà il trentennale della sua fondazione. La biblioteca di Palma di Montechiaro è stata istituita nel dicembre del 1987, all’interno del Palazzo degli Scolopi. Poi ha girato in altre due sedi, ma è sempre rimasta indiscusso punto di riferimento per la vita pubblica e tenuta in grande considerazione a Palma, in Sicilia e nel resto della nazione. Un modello che è un esempio per tutti: ogni biblioteca viva e “ben armata” può annientare ogni forma di ignoranza, sfiducia, arretratezza e offrire a tutti gli strumenti necessari per innescare processi virtuosi di cambiamento in ogni periferia del mondo. 

Complimenti a chi l’ha voluta, arricchita, mantenuta, gestita, amata, profumata, armata di libri. 
Grazie per questa gran botta di speranza. Grazie per questo faro proiettato, dalla profonda Sicilia, in un futuro tutto da costruire e che solo cervelli istruiti e motivati possono vedere e progettare con fiducia. 
Questa sentita testimonianza è il mio umile premio alla biblioteca di Palma di Montechiaro, senza alcun dubbio Terra Forte. 
Raimondo Moncada 
www.raimondomoncada.blogspot.it 

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