Un saggio sulla lingua siciliana di Tonina Rampello arricchisce la seconda edizione di Chi nicchi e nacchi, “libro del cuore” di Raimondo Moncada. Un omaggio alla terra natia. Un breve, ma denso e colto saggio a chiusura del libro, che dà un senso alla scelta dell’autore di pubblicare cunti e canti scritti nella lingua madre.
Tonina Rampello ha vissuto la crescita artistica di Raimondo. Hanno recitato assieme, in Sicilia e fuori Sicilia, in italiano e in siciliano. Raimondo ha avuto pure l’onore e il piacere di dirigerla nel cortometraggio “Babbaluci”.
Oltre a essere apprezzatissima attrice, Tonina Rampello è studiosa, ricercatrice di tradizioni popolari, critico letterario. Ha pubblicato con Enzo Alessi il libro Memoria e con Lucia Alessi Lamentu. Ha recitato per tanti anni col Gruppo Teatro l’Officina ed è stata diretta, tra gli altri, dai registi Andrea Camilleri, Pino Passalacqua, Ruggero Jacobbi, Enzo Alessi. È stata insignita di prestigiosi premi in rassegne teatrali nazionali (migliore attrice a Macerata negli anni Novanta). Presidente dell’Accademia Teatrale di Sicilia, con Enzo Alessi è anima del premio nazionale letterario dedicato al poeta Alessio di Giovanni, con due sezioni del concorso dedicate a poeti e scrittori che amano esprimersi in siciliano.
Così Tonina Rampello esordisce nel suo breve saggio dal titolo “Storia della nostra lingua siciliana”:
“Nel leggere l’incipit di Chi nicchi e nacchi, “La mia lingua, la mia vita”, Raimondo apre lo scrigno dei suoi ricordi, regalandoci “cunti, canti, giochi, poesie…” in siciliano, lingua affascinante e “misteriosa” (per i giovani).
L’autore fa un viaggio a ritroso, confessa come la sua “lingua dell’anima” lo ha forgiato dandogli coraggio, coerenza, umiltà, disillusione, rispetto, tolleranza, comprensione, amore e libertà d’espressione. E mi sovviene Platone che, nel Timeo, racconta di quando uno degli uomini più saggi di tutta la Grecia, Solone, visitò l’Egitto e un vecchio sacerdote gli disse che i greci erano come i bambini, perché non possedevano tradizioni antiche o insegnanti “canuti per l’età”. Per questo motivo i re egiziani nel III secolo a.C. ordinarono che ogni libro esistente nel mondo conosciuto, venisse collocato nella grande biblioteca d’Alessandria.
Diodoro Siculo narra che le biblioteche dell’antico Egitto recavano scritte, sopra l’ingresso, queste parole: “Clinica dell’anima”.
Nel raccontare i suoi “cunti e canti”, Raimondo si serve della lingua dei padri, concorde con Goethe che “all’uomo dà gioia e soddisfazione ricercare ciò che è perduto, ricostruire quel che è distrutto e far rivivere le cose disperse”.
Con questo spirito traccerò una “linea guida” della “lingua siciliana” e dei suoi autori, dalle origini ai nostri giorni, per invogliare i giovani ad amarla e praticarla”.
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