E se ad Agrigento non ci fosse alcun teatro antico?
È una domanda che mi si è formulata, da sola, in autonomia, come ogni pensiero vagante nel cervello, leggendo in questi giorni alcune prese di posizione alla notizia di una clamorosa scoperta, pubblicata sul Corriere della Sera, a firma di Giovanni Taglialavoro. Il prestigioso giornale di Via Solferino ha dato grandissimo rilievo alla notizia del prossimo avvio degli scavi per fare emergere finalmente il teatro greco-romano dal sito dove si troverebbe sepolto.
Una svolta archeologica, che risolverebbe un mistero che dura da troppo tempo e su cui si sono arrovellati per secoli importanti storici:
“È qui!”
“No, è qui!”
“Vi sbagliate, è dove dico io!”
Il sito dove gli attori dell’antica Akragas, e anche delle frazioni limitrofe, sarebbero andati a recitare le loro tragedie, sarebbe stato localizzato nei pressi della Chiesa di San Nicola e degli attigui uffici della Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali. Dopo la pubblicazione della notizia, ripresa alla velocità della luce, dai media locali, nazionali e internazionali, e linkata a più non posso sui social, ho letto di archeologi, di studiosi, di appassionati che hanno rivendicato la paternità dell’individuazione del sito. Purtroppo, a questi studi e alle intuizioni passate – si lamenta – non si sarebbe dato subito seguito per mancanza di fondi da destinare alla campagna di scavi. Così come, alle stesse archeologiche conclusioni, non sarebbe stata data la stessa straordinaria risonanza che in questi giorni sta avendo l’avvio degli scavi nel sito indicato dal Corriere della Sera.
“Il teatro l’ho scoperto io!”, si direbbe, semplificando le rivendicazioni, espresse con certezza scientifica, pur non avendo ancora sotto gli occhi la splendida e agognata creatura in carne e ossa, o meglio, in scolpito e colorato tufo arenario giurgintano.
Letti i commenti, e i commenti sui commenti, che ormai su ogni evento, anche minimo, proliferano sui social, e lette anche le rivendicazioni, dalla mia testa è uscita ironicamente e a voce alta l’iniziale e già posta domanda: E se Akragas, a differenza di altre poleis greche, non avesse avuto alcun teatro? Magari solo un bar, una pizzeria, un pub, un luogo di ritrovo organizzato con un palchetto improvvisato per i recitanti autoctoni e sedie di dura pietra per gli indigeni spettatori?
Una sorta, insomma, di eccezione che conferma la regola.
Ma la soprastante domanda, non è stata l’unica ad essere uscita a voce alta dalla rumorosa testa. Altri alternativi quesiti sono stati formulati dal mai domo cervello, come la seguente: E se il teatro antico di Akragas, così tanto ricercato “a guglia persa”, non fosse nel sito individuato ma altrove? Non so… sotto le tombe del cimitero di Bonamorone ad esempio, custodito dai nostri cari defunti. Oppure annegato a mare, a San Leone, e costruito in spiaggia perché così alla fine di ogni rappresentazione pubblico e attori si sarebbero potuti bagnare corpo e spirito nelle purificatrici, limpide e pennellate acque azzurre dell’aspro mare africano!?
Se fosse veramente così, se l’ironia dubitativa desse ragione ai miei strampalati ragionamenti… beh, metto fin d’ora le mani avanti, così da ricevere più in là nel tempo imperituro degni attestati di laude e lapidi murarie di gioia con incise le mie teatrali sembianze.
In attesa che si sveli sotto gli obiettivi e increduli bulbi oculari il mistero del teatro, sepolto ad Agrigento da oltre duemila anni (ma perché sepolto? Sepolto da chi o da quale evento?), sdrammatizziamo un po’.
Scherziamoci pure sopra, stemperiamo le tensioni, rassereniamo l’atmosfera da grande attesa. Ridiamoci pure, anche se magari per qualcuno non ci sarebbe nulla da ridere. Ridiamone, invece, così come ci hanno insegnato gli stessi antichi greci – comici e tragidiatura – con le loro eterne commedie che hanno rappresentato vizi e virtù e babbiu universali (cercando negli archivi storici, si potrebbe trovare pure una commedia in cui si potrebbe parlare, perché no?, anche del mistero del teatro della fu Akragas che non sarà svelato mai: meglio il nebuloso mistero che la chiara verità!)
Attendo con ansia gli scavi. E l’annuncio ufficiale ubi et orbi: “Ccà semu!”
Raimondo Moncada
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