Il mio no ad Agrigento Capitale della Cultura 2020

Tempio di Giunone, “Percorsi d’amore”, foto F. Novara 


Da agrigentino dico no ad Agrigento Capitale della Cultura 2020. 
Lo dico e non per essere una voce solitaria fuori dal coro. Tutti lo vogliono, agrigentini e non agrigentini amanti di Agrigento e di quello che rappresenta: la città dei templi, la città di un premio Nobel per la Letteratura, la città del Teatro, la città della Sagra, la Città del Mare, la città Unesco, la città di Empedocle e altri illustri figli… 
Anche Luigi Pirandello sarebbe stato d’accordo. Ed io non sono Luigi Pirandello. Non sono neanche nelle condizioni di legargli i lacci delle scarpe e non per problemi alla schiena (lo dico per anticipare chi, a questo punto della lettura, mi riempirà di improperi: ma chi si crede di essere: Luigi Pirandello?). 

Cattedrale di San Gerlando 
Non sono un disfattista. Non sono un pessimista. Sono un agrigentino malinconico, nato e cresciuto nella sua infanzia nel centro storico di Agrigento (proprio sotto la barcollante Cattedrale). E sono un agrigentino cresciuto in una sua periferia: il Villaggio Mosè. Due luoghi, due dimensioni: un centro storico meraviglioso col tempo svuotato, mortificato, decaduto e cadente; una periferia amorfa, confusionaria, dimenticata, mal servita (parlo di come l’ho vissuta quando ci sono stato). 
Agrigento è dentro di me, con tutte le sue anime: la città che aspira, che si lancia, che si anima, che si rassegna, che lascia andare, che si riempie i polmoni del suo mare e l’animo della sua storia millenaria. 


Il mio corpo è Agrigento. Il mio spirito è Agrigento. Ne ho avvertito la mancanza, la fatale nostalgia!, quando mi sono staccato da Agrigento, quando da lontano si vedono tutte le cose belle, le cose che hai lasciato e che vorresti sempre avere con te. E rivaluti, e guardi con un altro occhio. Guardi col cuore e guardi con la meraviglia, proprio come quando passi davanti alla Valle dei Templi (quella vera, non quella vista in tv) e t’incanti; proprio come quando vai al Caos e rimani estasiato; proprio come quando leggi Pirandello e rimani rapito, proprio quando entri nell’ottocentesco teatro ed entri in dimensioni superiori. 
Perché allora mi esprimo così contro la insistita, insistente, candidatura di Agrigento Capitale della Cultura 2020? Forse perché non la ritengo pronta? Forse perché attraverso Via Atenea e mi viene un colpo al cuore? Forse perché arrivo in piazza Don Minzoni, la mia piazza, la piazza dove ho imparato a guidare il mio primo carrettino, e la visione della cattedrale recintata mi fa scendere le lacrime dagli infanti occhi? Forse perché mi faccio un giro per i vicoli della mia vecchia, stanca e ferita città e ne ricevo pugni allo stomaco? 
Non so… 
Da anni la guardo da lontano Agrigento e quando ci torno mi piace vederla bella e vivere solo la sua bellezza chiudendo gli occhi su tutto il resto che è comunque migliorabile. Il mio non è per niente un endorsement sul 2020. È un lamento, un pianto, un desiderio rimasto deluso. 
Ma se candidare Agrigento a Capitale della Cultura 2020 significa innescare finalmente – dico “finalmente” – processi di rinascita, di rigenerazione, di nuova fiducia, di cambiamento, di miglioramento delle condizioni culturali, economiche, imprenditoriali, finanziarie, occupazionali… insomma, un sovvertimento geografico e statistico dell’Italia (“Miracolo! una città del profondo sud si ritrova prima nella classifica delle città dove si vive meglio e dove anche gli italiani di Bolzano aspirano vivere”), io ci sto! Appoggio questa candidatura con tutto il cuore. 

Tempio della Concordia 
La mia Agrigento ha potenzialità enormi e una storia e monumenti unici al mondo (Alberto Angela è stato osannato!). Ma nel tempo è stata sfiduciata, depredata di ogni speranza. Ma niente è perduto e tutto dipende anche dal singolo oltre che dallo spirito di un’intera comunità. E faccio una confessione: l’aver rivissuto, di notte, la scorsa estate, sotto il cielo stellato, con amici del nord e parenti di altre terre, la magia notturna di una Valle dei Templi curata in ogni suo minuto elemento come un prezioso tesoro, mi ha aperto il cuore a nuovi spiragli facendomi sentire ricco e orgoglioso di essere nativo di questa terra. 
Il mio è, dunque, un no secco ad Agrigento Capitale della Cultura 2020 e un sì deciso ad Agrigento Rifiorita Rispettata Amata Felice, Capitale della Cultura Sempre, da gennaio 2018 in poi. Dentro di me, dentro il cuore di quel piccolo Raimondino che qui ha avuto i suoi natali, lo è già. Sedendomi sopra una pietra viva della Valle dei Templi, e osservando il sorgere del sole che infiamma e dà vita alle colonne della storia dell’umanità, la mia città si presenta ogni volta come Capitale della Cultura del Mediterraneo e del mondo. Sempre. 
Raimondo Moncada

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