Ti tocca anche se ti tocchi in edizione tascabile

I libri hanno vita lunga, secolare. Ce ne sono però alcuni destinati all’eternità, per il materiale con cui sono composti e, soprattutto, per il loro contenuto. Ti tocca anche se ti tocchi di Raimondo Moncada quest’anno ha toccato quota nove anni dalla sua prima pubblicazione, il prossimo anno ne farà dieci, ma è destinato a spegnere tante altre candeline. Il libro prosegue infatti la sua inarrestabile crescita ubriaco d’elisir.

La Csa Editrice ha dato alle stampe una nuova edizione di Ti tocca anche se ti tocchi, in un formato più maneggevole, da portare sempre con sé in tasca, da consultare come una medicina in ogni momento della giornata. Un’opera da leggere per rivalutare la vita, che è stata inserita nella collana “Gli imperdibili tascabili”.

Il libro parla di quell’attimo, ancora misterioso nonostante i divini mezzi della scienza, quando si trapassa da una dimensione a un’altra.

Considerata un tabù, un argomento da non trattare se non facendo appositi scongiuri e su cui non si può neanche scherzare, la morte nel libro Ti tocca anche se ti tocchi è “raccontata”, dicono in casa editrice, “con ironia, genialità e leggerezza”. A raccontarla è un autore per ora mortale – destinato però col libro all’immortalità – che in prima persona ha vissuto l’inconsolabile umano dolore per la perdita di persone care e di cui ha pure scritto.

In tanti capitoli, che sembrano a volte monologhi teatrali, Ti tocca anche se ti tocca parla delle ritualità, delle azioni, delle cose che si debbono fare per forza perché si è costretti da abitudini dure a morire; parla dei malacarne che quando spariscono diventano negli accorati elogi funebri le persone migliori al mondo; parla della messaggistica che si rinnova nell’uso di nuovi mezzi tecnologici ma che è sempre uguale a se stessa e che si può copiare tranquillamente senza il rischio di una denuncia per violazione del copywrite.

Ti tocca anche se ti tocchi, riflettendo in vita sulla fine di questa vita, esorcizzandola, fa notare che alcune culture – come quella nostra – ritengono la morte l’evento più triste dell’umanità esistenza, altre addirittura la considerano un momento da festeggiare con tanto di banchetto perché si ha la certezza (chi la dà?) che il defunto si è bello e sistemato in un mondo migliore. Il libro tratta anche i luoghi comuni: “Vanno via solo i migliori” come se ad abitare la Terra rimanessero solo i cretini.

L’opera mette il dito su vari aspetti, contraddittori, commerciali, vitali, perché la morte, alla fine, assicura la vita a un numero indefinito di persone. Dietro c’è un’industria che fattura cifre pazzesche e dà lavoro a famiglie che senza il lavoro legato alla morte morirebbero dalla fame (a Bologna ogni due anni si tiene una grande fiera: Tanexpò). L’allungamento della vita e l’immortalità prima o poi manderanno in crisi, uccidendolo, anche questo fiorente settore. C’è dunque chi prega ogni santo giorno affinché questo evento non avvenga mai. Noi invece preghiamo per l’immortalità, perché riteniamo inaccettabile un simile evento, a cui per umano istinto decidiamo di non pensare e quando ci capita di pensarci, soprattutto al sud, ci lanciamo in generosi scongiuri, nascosti o plateali, toccandoci.

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