C’è chi, per la propria salute, comincia a prendere le distanze dagli auguri. Così come sono fanno male. Lo dice anche la scienza, lo confermano le continue ricerche sul cervello. Natale e Capodanno sono i due periodi dell’anno in cui aumenta e si acuisce il malessere. Alcuni non lo avvertono, altri lo avvertono ma non subito, altri ancora sono così colpiti da essere costretti a pescare uno dei medici non andato in vacanza e a terapie specifiche per sradicare o mitigare i numerosi sintomi: stress, nervosismo, cefalea ecc.
Chi soffre di tale mutilante patologia comincia a dargli un nome e un cognome: mal d’auguri. A Pasqua c’è anche lo stesso effetto ma non così incisivo e così diffuso come negli ultimi giorni dell’anno.
I più esperti, ma quelli veri, non quelli proliferanti nei social, danno la colpa alle nuove tecnologie, allo smartphone, a internet, all’iperconnessione, all’essere raggiunti in qualsiasi ora della giornata, in qualsiasi posto del mondo, anche dentro un fortino antiatomico o dentro un tabuto intergalattico lanciato oltre lo spazio gravitazionale del pianeta. Non sono più in pace neanche gli astronauti in orbita sulla navicella spaziale internazionale lontano fisicamente dal nostro mondo che dicesi ancora umano. Ti raggiungono pure in cielo, oltre la dimensione della vita per come la conosciamo. Non è più necessario andare da un tabaccaio o in cartolibreria a comprare delle lettere o delle cartoline in bianco o meglio prestampate. Non è più richiesto prendere il telefono e chiamare. Adesso prendi un’immagine, un video, un audio, un messaggio preconfezionato, imposti il programma, fai un click con una minima fatica del polpastrello digitale e l’augurio scintillante lo fai arrivare a pioggia a migliaia di tuoi familiari, amici, conoscenti, e tutti i contatti sconosciuti che ti ritrovi.
È per questa ragione che ti ritrovi bombardato. Ti arrivano miliardi di messaggi su Facebook, su Messanger, su Whatsapp, sugli infiniti gruppi di cui hai perso il conto, su LinkedIn, su Twitter, anche con le antiche email o addirittura con i primitivi Sms che quando ti arrivano ti si apre il cuore e hai un sentimento di compassione nei confronti del mittente. I messaggi di auguri ti arrivano anche quando abbracci fisicamente, con le braccia reali, gli amici che incontri per via o in piazza gli stessi che magari qualche istante prima ti hanno ti hanno raggiunto con un abbraccio virtuale programmato settimane prima con una speciale app che ti sbriga per tempo tutto (ti permette di programmare gli auguri in eterno facendoti risultare vivo anche quando vivo non sarai).
Ed è un dramma, un vero dramma dei tempi che stiamo vivendo. Non hai più il tempo per leggere tutta la montagna di auguri che ti frana addosso. E non hai più il tempo di rispondere a ognuno dei messaggi che carinamente ti inviano. E ti disperi. E soffri. E piangi.
Vivi le vigilie e le stesse festività e le post festività con i sensi di colpa. Stai male: “Avrei potuto però rispondere! Sì, ma se avessi risposto a lui avrei dovuto rispondere anche a lei, e poi all’altro e all’altro ancora … perché altrimenti ci sarebbero rimasti malissimo. Meglio nessuno che qualcuno…”
Ma non sei contento lo stesso. Non mangi. Ti viene pure da vomitare. Salti il pranzo, la cena, il cenone, la colazione, la colazionona del primo dell’anno. Per la sera di Natale non esci e non esci neanche per la messa di mezzanotte. La segui per un po’ con la diretta su Facebook. Poi stacchi tutto. Inserisci la navigazione fantasma su internet. Nessuno deve sapere che ci sei, che comunque sei connesso, dopo la brutta figura che hai accucchiato non ricambiando i miliardi di auguri provenienti anche da persone che non avevi in rubrica o nell’elenco dei contatti di Facebook e che guardandole nel profilo sono spogliate, senza veli, e ti invitano a trascorrere le feste con loro perché ti faranno divertire, ti faranno trascorrere un fine dell’anno e un nuovo inizio in modo indimenticabile.
Chiudi. Silenzi le notifiche che sono diventate delle mitragliate continue da farti diventare sordo. Mentre ti confessi in chiesa, continuano a messaggiarti rumorosamente, insistentemente… E chiedi perdono e l’assoluzione per le distrazioni del mondo.
Spegni il cellulare perché anche se lo hai silenziato è rimasto il pensiero delle mitragliate e hai come l’istinto di sapere e di difenderti.
Non rispondi neanche a tua moglie che per errore, seduta accanto a te, ti ha inviato il messaggio “Tanti auguri a te e alla tua consorte: che sia per voi un Sereno Natale”.
Forse però si è vendicata del mio messaggio dell’anno precedente: “Auguri a te e a tuo marito. Salutamelo con affetto, è una brava persona anche se un po’ esaurito”.
Augurare è diventato un faticoso obbligo. Facciamo in modo – ed è il mio personale augurio – che non lo sia.
Buon Natale e Buon Anno Nuovo.
Raimondo Moncada
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