Ecco il paziente zero

Magari sarò presto conteggiato tra quelli raggiunti dal coronavirus e qualcuno non tarderà a dire: “È quello che ha sottovalutato la situazione, è quello che faceva ironia spicciola e stupida, è quello che invitava alla razionalità, è quello che…” 
Sono proprio quello che, scienziato tra scienziati, nel senso non scienziato del termine, ha detto che il nuovo virus è come gli altri virus che fanno il giro del mondo e arrivano puntualmente anche in Italia provocando stati influenzali che i più fragili, purtroppo, non riescono a combattere per le vulnerabili difese immunitarie. 
Il nuovo virus – apprendo dai virologi – sarebbe solo un po’ più aggressivo degli altri virus che si conoscono e che hanno ammazzato molto di più del corona ma questo, nell’irrazionalità, non interessa. E quando diamo i numeri non ci interessano e quindi non guardiamo le altissime percentuali di persone che fanno le pernacchie al coronavirus e le altissime percentuali di persone che, raggiunte dal virus, sono uscite indenni. 
Ma come collettività ci siamo lasciati prendere dal virus del panico ancor prima che il coronavirus decidesse di prendere l’aereo in prima classe con direzione il Bel Paese. E da allora assistiamo a una spietata corsa sui social a chi la spara più grossa, a chi ha in tasca la soluzione, a chi punta il dito senza dare la mano, a chi sa come si sarebbe potuta evitare la diffusione del nuovo virus così come è riuscito brillantemente a evitare gli altri anni il puntuale ingresso di altre influenze virali in Europa e nel resto del mondo. 
“Blocchiamo tutto!” grida viralmente un coro sui vari canali del pianeta Internet e grida con successo perché le notizie negative, quelle che fanno spaventare, quelle emotive, quelle che ti prendono per la pancia, hanno un grandissimo seguito con condivisioni che arrivano fino in Cina. 
Ok, blocchiamo tutto. E chi ci porta da mangiare? Chi ci porta da bere? Chi rifornisce di generi alimentari chi ci porta da mangiare e chi ci porta da bere? Chi lavora negli uffici per garantire i servizi essenziali? Chi lavora negli ospedali? Chi opera nella protezione civile? Chi tiene i nostri bambini se le scuole sono chiuse e noi siamo costretti ad andare a lavorare nei vari settori della pubblica amministrazione? Chi fa funzionare le industrie, i supermercati? Chi incontra i cittadini che chiedono aiuto o un semplice certificato? Chi garantisce l’importazione da altri paesi di merce indispensabile e l’esportazione di altri prodotti made in Italy che fanno girare l’economia? Chi riempie gli aerei, i treni, le navi, gli autobus, i taxi? Chi riempie gli alberghi? Chi riempie gli stadi per tifare lucidità? 
Sì, chiudiamo tutto! E sale lo spread e scende la borsa. 
Si, chiudiamo tutto. Restiamo a casa che è meglio, sotto il letto con il lenzuolo all’uopo igienizzato (l’uopo è fondamentale). E ognuno vada in ordine sparso, ogni continente, ogni stato, ogni regione, ogni provincia, ogni comune, ogni quartiere, ogni condominio, ogni appartamento con la moglie che dorme in una camera e il marito in un’altra, comunicando via social: 
“A chi semu? Chi si dici?” 
È come se fossimo autosufficienti. È come se non dipendessimo gli uni dagli altri, da chi ci fornisce pure le mascherine e pure le tutine. È come se non fosse mai arrivata dall’oriente un’influenza virale. È come se il paese avesse dimenticato le emergenze del passato reagendo ora senza testa, emotivamente, dormendo la notte davanti la saracinesca del proprio supermercato così per essere tra i primi all’apertura ad accaparrarsi un coppo di pasta e le panelle da friggere con l’amuchina. 
Ora, tra una panella e un’altra, siamo tutti incollati su internet per aggiornarci istante per istante sui siti, qualsiasi sito, anche quelli con nomi strani. Ora tutti a lavarci le ascelle e farci il bidè. Ora tutti a suggerire sui social cosa fare e, se non funziona, a suggerire il contrario. Ora tutti a chiedere sempre sui social controlli serrati, più verifiche, più tamponi, più interventi, più prevenzione, più risorse e più personale per la sanità, per le forze dell’ordine, per il sistema di protezione civile, quando da decenni si smantella uomo dopo uomo, donna dopo donna, risorsa dopo risorsa, la pubblica amministrazione in tutti i suoi apparati criticandone ogni volta gli appartenenti e pure le spese e divertendosi sempre sui social a suggerire cosa fare e come spendere e quanto spendere e quando spendere e divertendosi a crocifiggere tutti per ogni provvedimento, per ogni azione, per ogni parola, per ogni virgola, per ogni silenzio, per ogni titubanza, per una decisione che non arriva nel giro di qualche secondo, nel tempo di un commento che sui social invece arriva velocissimo (le mamme su WhatsApp decidono la chiusura delle scuole a scuole aperte). 
E ora tutti con la mascherina, tutti con la tutina, tutti con l’amuchina, tutti ad assaltare e svuotare i supermercatini e i supermercatoni (comportamenti che sono altamente contagiosi: se gli altri assaltano, debbo assaltare pure io perché altrimenti rimango senza l’anticalcare per il cesso!); tutti a parlare con paroloni: “contagio”, “allarme”, “emergenza”, “infezione”, “focolaio”, “morti”, “vittime”, “sospetti di malattia”, “quarantena”, “positivo al test”, con fotografie da incubo, aggiornamenti minuto per minuto sugli infettati e i deceduti; tutti a dare la caccia al “paziente zero” perché a qualcuno la colpa bisogna darla; tutti a guardarci, tutti a guardare i cinesi, tutti a guardare i nordici, tutti a guardare i meridionali quando sarà registrato il primo caso nel meridione (vale se è meridionale!); tutti a guardarsi dal vicino di casa che ha qualcosa di verde che gli esce dal naso, tutti a guardare la temperatura alta, tutti a fuggire al primo starnuto; tutti a pregare per un intervento miracoloso dal cielo (che avrebbe però potuto evitare prima quanto stiamo vivendo invece di farcelo vivere); tutti ad attendere il vaccino anche chi ha pure combattuto una guerra virale contro i vaccini; tutti in attesa di dire, a vaccino arrivato, che il coronavirus è stato creato dai poteri forti, dalla grande industria, dal capitalismo, dalla lobby della ricerca, per mettere in commercio l’antivirus e tutti ad avanzare sospetti sull’azienda produttrice raccomandandosi per avere una dose prima degli altri dato che le scorte saranno esaurite e non sufficienti per tutti. 
Bloccare? Perché non fermarci tutti e aspettare la fine serenamente, davanti al display del proprio cellulare in collegamento perenne col proprio profilo personale con una bella birretta e un coppo di nocciolina e simenza? 
Il paziente zero è nel nostro social così tanto amato e di cui ormai non riusciamo più a fare a meno. E’ il web che ci è sfuggito di mano, ormai da anni. Il primo vaccino che deve essere trovato prima possibile è quello per guarirci dall’infezione dei social che da tempo distruggono ogni cosa, anche le cose buone, rendendoci tutti persone zero. 
Complimenti a chi alimenta la paura. Un applauso. Lo sentite? 


Raimondo Moncada

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