Gli insulti che sui social valgono oro

Vorrei essere la bionda a cavasè sopra a Camilleri. E come me tanti altri. Di sicuro. E non per l’eccitazione del gesto, per gli attimi di celebrità virale che ognuno di noi, nel proprio piccolo, cerca. Vorrei essere la bionda, e come me tanti altri, e forse tutti, per avere un tesoro. E non parlo della ragazza. “Tesoro” nel senso di patrimonio pecuniario: soldi! soldi! soldi! La ragazza è una potenziale ricca, ricchissima. 

A quante gliene hanno dette e scritte, la ragazza a cavasè di Camilleri si potrebbe fare soldi a palate con querele a pioggia (forse ci starà pensando o ci ha già pensato). Ha un tesoro in banca che l’aspetta. Dovrebbe solo contattare un avvocato e affidargli cause (e se vuole le concause!). E chi oggi ha insultato violentemente e gratuitamente piangerà e chi ha pianto per gli insulti riderà. 
Il social fa impazzire tutti: chi fa di tutto (anche cose inaccettabili) per attirare l’attenzione dei like e chi giudica tutto e tutti considerando internet un porto franco, una zona fuori dalla legge, dove si può vomitare tutto ciò che in presenza non si avrebbe il coraggio di dire e non si dice. Sui social, su Facebook, su Twitter, in tanti si sentono in diritto non solo di giudicare senza sapere ma anche di offendere, di ingiuriare, di aggredire verbalmente. Libertà di uccidere con la parola. Ogni giorno. Abbiamo dimenticato la semplice e legittima critica, il motivato e civile giudizio. Giudichiamo tutto, anche chi giudica. 

“Tu stesso – mi dirà qualcuno – stai giudicando”. Giusto. Ma spero di non stare a offendere qualcuno neanche chi ha il vizio di offendere. 
E dire che le condanne ci sono, seguite alla denuncia della cosiddetta parte offesa. Ma non tutti denunciano e non tutti sono a conoscenza delle pesanti condanne per diffamazione aggravata che prevedono carcere e multe ma anche risarcimenti per il danno subito. 
Chiedo e mi chiedo: chi ha sbagliato di più per una condanna istantanea che va tanto di moda: la ragazza a cavalcioni sul maestro o i social cittadini, pronunciatori di commenti irripetibili? 
Quello della ragazza a cavasè di Camilleri non è un caso isolato. È uno dei tanti, troppi casi quotidiani che scatenano i cosiddetti leoni da tastiera (ci sono anche le leonesse!). Vedi, ad esempio, la foto di Michelle Hunziker e della figlia Aurora alla Scala dei Turchi: altro bersaglio. 

Mi chiedo e chiedo ancora: perché non si riescono ad arrestare gli tsunami social che hanno dentro il peggio dell’umanità? 

Gli strumenti tecnologici ci sarebbero per arginarli, contrastarli. Anche quelli legali. 

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”: la Costituzione difende il sacro diritto di opinione, ma non parla di libertà di offendere, il libero insulto non è contemplato tra i diritti fondamentali dell’uomo. Ma ormai non riusciamo più a stare dentro i limiti. È più forte di noi. L’istinto è bestiale e, prima di scatenarsi, non ci fa contare più fino a due. Porca miseria! (Ho offeso qualcuno?)
Raimondo Moncada

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