A cavasè sopra a Camilleri, la rabbia di Pirandello

Rabbia, tanta rabbia. Un sentimento comune a tutti gli scrittori per la foto della biondona a cavalcioni sulla statua di Andrea Camilleri.

“Perché a lui sì e a noi no?”

Questo mi arriva lontanamente all’orecchio.

Oltre alla rabbia c’è anche un pizzico di invidia in Luigi Pirandello, in Leonardo Sciascia, in Antonio Russello le cui statue non sono state ancora degnate di un tale eclatante gesto che ha suscitato da un lato sdegno e dall’altra ilarità nell’opinione pubblica. Chi lo ha condannato lo ha considerato un imperdonabile sfregio da denuncia e chi ci ha riso lo ha etichettato come una innocua bravata.

Secondo alcuni anche lo stesso Andrea Camilleri non si sarebbe scandalizzato facendosi una bella risata. Magari avrebbe usato l’immagine del gesto, con quegli stivaloni estivi, con quel volto seminascosto, per scriverci un episodio di qualche suo romanzo, con un commissario Salvo Montalbano particolarmente interessato a scoprire gli occhi dell’autrice di cotanta audacia: un selfie sulle spalle del maestro per conquistarsi la celebrità sui social.

Ora la paura è che il gesto venga emulato, che la statua di Andrea Camilleri venga usata per altri selfie ippici non previsti da chi ha collocato la statua nel cuore della via Atenea, sulla terrazza che dà nella piazza dove sono nate le storie dell’immaginaria Vigata.

Neanche il busto nudo e palestrato di Luigi Pirandello (sulle cui spalle è metaforicamente salito Camilleri) di fronte al Palazzo Municipale ha ispirato nei decenni gesti così rumorosi. Ed è per questa ragione che il figlio del Caos sarà arrabbiato.

“E comu finì? a Camilleri sì e a mia no?”

Potrebbe ora succedere di tutto, non solo alla statua del padre di Salvo Montalbano ma anche alle statue degli altri celebri scrittori agrigentini la cui fama potrebbe essere sfruttata per raffiche di scatti o filmati di celebrità.

Viviamo ormai nella società dei selfie, dei like, dell’attirare l’attenzione in tutti i modi. C’è chi guadagna milioni con i “mi piace” da influencer.

Tutto ormai si misura con questo metro. Andare a cavasè è la grande scoperta: una delle scorciatoie per raggiungere il successo. Con Camilleri è stato facile e sarà facile, essendo seduta e a livello di strada. Ti voglio con una statua posta su un grattacielo americano a 300 metri di altezza. Io soffrirei di vertigini già a un metro. Ma c’è chi ama le sfide e salirebbe pure sul monte Everest per un selfie di successo. E l’eccitazione per l’ottenimento dei like è così tanta, così fremente, che non pensi ai pericoli, non pensi che ti potresti fare male, non pensi allo sfregio, non pensi che dai un esempio preciso ai bambini che ti vedono che ti seguono, non pensi che potresti rompere il collo al maestro Camilleri, non pensi alla gravità e alle conseguenze del gesto. Lo fai, senza pensare, come ormai senza pensare si fanno tante altre cose.
E, comunque, lo scandalo è il sacchetto di immondizia buttato nelle strade degli scrittori.

Raimondo Moncada

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