Non si può morire in guerra senza mascherina

“È scoppiata la guerra e di colpo è sparito il Covid!”. L’affermazione salta fuori dalla discussione tra due uomini dall’apparente età di settant’anni. Con le mascherine abbassate sotto il mento, parlano dell’invasione russa dell’Ucraina. A un certo punto uno tira fuori l’immagine dei rifugi improvvisati contro le bombe visti in tv, nel servizio di un telegiornale. Nelle riprese ci sono civili terrorizzati, ammassati in luoghi di fortuna, come i sotterranei di una metropolitana (c’è chi cerca di proteggersi scendendo nelle fogne). Scappano dalle loro case non badando ad alcuna precauzione. Pensano solo a salvarsi la vita, seguendo l’istinto di sopravvivenza: fuggire da un luogo pericoloso e cercare un riparo sicuro. 
È la priorità, non hai il tempo di pensare ad altro. Non pensi che hai lasciato la porta di casa aperta, che hai lasciato il biberon di tuo figlio a riscaldare sul fornello, che prima di uscire avresti dovuto indossare la mascherina chirurgica o quella più protettiva Ffp2 così come richiesto dalla pandemia e dalle norme. 
Quando senti lo scoppio di una bomba a pochi metri dalla culla di tuo figlio, quando il sibilo di un missile ti frastuona le orecchie, puoi mai avere o concederti il tempo di riflettere su cosa prendere da casa prima di uscire di gran corsa? L’allarme ti spinge a salvarti la pelle, a portare in salvo tuo figlio che piange e tutta la famiglia che è quasi paralizzata dal terrore. 
Gli spettatori televisivi invece di concentrarsi su questo aspetto, che supera qualsiasi altro tipo emergenza, giudicano con gli occhi di chi in questi anni ha messo in dubbio il Covid e contestato le misure anti Covid notando ogni apparente contraddizione e postando la pure sui social. E con questi occhi si guardano in tv i civili “assembrati” nelle stazioni, nelle fogne, nei loculi scavati sotto terra, a stretto contatto, alcuni abbracciati, altri rannicchiati e con le mani alle orecchie per provare a non sentire il rumore della guerra. E verificano con attenzione certosina se hanno o no la mascherina. Perché se non ce l’hanno – è questa la conclusione del ragionamento – allora l’emergenza Covid è tutta un’invenzione degli Stati e a Putin – è questo quello che in un meme gira in questi giorni sui social – bisognerebbe dare il Nobel per la Medicina per aver risolto con il sangue il problema della pandemia (come motivazione al riconoscimento si infilano anche le manifestazioni per la pace in tutto il mondo). 
Alla fine del conflitto, considerata la grande attenzione al tema sanitario e l’indignazione, chi è stato fotografato o filmato senza mascherina dovrà essere sanzionato per crimini contro l’umanità, anche le migliaia di profughi in fuga dalle proprie case sventrate e in fiamme, anche i militari inviati a uccidere, anche i volontari arruolatisi senz’armi per difendere la loro Patria, anche chi è morto “per” la guerra (o “con” la guerra). Nei negoziati si deve dare priorità assoluta al pieno rispetto delle norme Covid (almeno si salvi la faccia nelle foto e nei video della tragedia) di tutte le parti in causa così da far tacere le voci di chi nel mondo protesta dopo aver sofferto per le restrizioni anti Covid e per “la violenza” dei vaccini scatenati negli ultimi anni dalla feroce dittatura sanitaria. 
E, proseguendo con la follia di certi contenuti social, perché non parlare del servizio di pulizia e di smaltimento dei rifiuti con la corretta raccolta differenziata? Chi deve pagare per le macerie dei palazzi, delle abitazioni civili, sbriciolati dalle bombe? E per i rottami delle auto schiacciate dai cingoli dei carri armati? E per i cadaveri senza degna sepoltura? 
Ormai si sente e si legge di tutto, incredibilmente, assurdamente, liberamente, la stessa grande libertà che in altri paesi si sognano: “Non si può morire in guerra senza mascherina”. 
La mia vicinanza al popolo ucraino per la tragedia che sta vivendo sotto gli occhi di un mondo attonito e incredulo che manifesta per la pace e il buon senso, anche nei ragionamenti (io, per chiudere la riflessione iniziale, sono stato colpito dall’immagine di un gruppo di bambini seduti, l’uno accanto all’altro, in metropolitana, immobili e con la mascherina in volto, nonostante tutto).
Raimondo Moncada

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