Perfetti o imperfetti?

Perfetti o imperfetti? Truccati o naturali? Belli o brutti? Profumati o puzzolenti? Eleganti o trasandati? Naturali o innaturali? 

Sono domande che oggi mi hanno attraversato le autostrade del cervello. Soprattutto la prima, che riguarda la perfezione e che ci conduce al giudizio, quello personale e quello degli altri. 

Ci sono individui molto spietati con se stessi, condizionati dal concetto di perfezione. Sono bambini, adolescenti e adulti molto sensibili, suggestionabili, fragili. Da un pensiero passano ad altri infiniti pensieri e si chiedono continuamente, ossessivamente, automaticamente: se non sono perfetto non valgo niente, se non sono perfetto non potrò mai essere accettato, se non sono perfetto non potrò mai essere amato, se non sono perfetto non merito di essere premiato, se non sono perfetto non posso salire sul palcoscenico, se non sono perfetto non posso partecipare alla sfilata di moda, se non sono perfetto non posso fare l’attore o il cantante o il professore, se non sono perfetto non posso entrare in una classe come studente, se non sono perfetto merito di essere bocciato, se non sono perfetto merito la gogna, se non sono perfetto non debbo uscire di casa, se non sono perfetto non mi debbo mostrare agli altri, se non sono perfetto non posso sottopormi all’esame, se non sono perfetto non posso partecipare alla cerimonia degli Oscar, se non sei perfetto meglio sparire… 

Quanti pensieri vagano nella mente di chi si lascia condizionare, per non dire schiavizzare, dall’idea di perfezione, in una società in cui straripano modelli di bellezza, di eleganza, di profondità, di giustizia, di arte, di educazione… Se non rientri o pensi di non rientrare in un canone umano, elevato a standard divino, allora non meriti nulla di buono, solo l’infelicità, solo depressione, solo esclusione, solo emarginazione, solo immobilità, solo terrore, solo dolore, solo una cella di isolamento in un carcere o in un eremo o non so dove. 

L’imperfezione, vera o presunta o immaginata, non è accettata: è presa in giro, è condannata, è sottoposta a severo giudizio. Non ti puoi permettere di salire “ciccione” o “cicciona” su un palcoscenico, di cantare o recitare balbettando, di esprimerti in linguaggi gergali, di andare con i vestiti strappati alla cerimonia della tua prima comunione, di mostrarti povero in un contesto ricco, di non sapere quello che altri sanno, di non avere il biglietto da visita con cinque titoli prima del nome, di sbagliare le parole, di dire una cosa per un’altra, di essere trasandato, di essere mancante di qualcosa, di essere pelato… 

E poi è giusto chiedersi e chiedere: che colpa hai se sei nato o nata in un certo modo, in un certo contesto, con quel corpo, con quel cervello, con quel bagaglio, con quella faccia, con quel naso, con quei peli, con quelle sopracciglia, con quelle presunte mancanze? Che colpa hai se indossi quell’abbigliamento, se ti esprimi con certe parole, con un’estetica, una filosofia, un modo d’essere che non rientrano negli schemi della società in cui sei stato destinato a vivere? 

Ancora qualche altra domanda per ritornare a ragionare col cervello e non con l’emotività: puoi piangere per tutta la vita pensando al giudizio degli altri, a cosa gli altri pensano di te e dei calzini spaiati? Puoi essere condizionato per l’intera esistenza dal canone di perfezione universale? E se non dovessi mai riuscire a dimagrire, a cambiare faccia, a indossare un vestito firmato, a parlare con un eloquio perfetto, a conoscere tutto di tutto, ad avere una memoria d’acciaio, a insegnare nelle università di Harvard e Oxford, ad essere bello e muscoloso e aitante come una statua greca, ad essere affascinante come una star di Hollywood, ad avere dieci titoli nel biglietto da visita, a passeggiare con un vestito all’ultimissima moda lungo il red carpet tra gli applausi generali, ad avere la tartaruga al posto della pancia, ad essere sano e brillante come un bicchiere di cristallo, ad avere tutti i capelli per la cerimonia degli Oscar, ad essere sano per le battute comiche? 

Il tribunale mentale personale e il tribunale del canonico sociale hanno già formulato il loro verdetto che muta di persona in persona e di società in società, con condanne spietate per gli spietati e con verdetti di piena assoluzione per i clementi, i noncuranti, i leggeri e i sorridenti. 

Raimondo Moncada

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