Referendum per abolire il referendum


Proporrò un referendum per sopprimere il referendum. Naturalmente con un referendum. E con quale istituto altrimenti? 

Lo prevede la nostra Costituzione come strumento di democrazia diretta. Sono i cittadini elettori a decidere. 


I cittadini elettori, dicono gli impietosi numeri, non ne vogliono più sapere di andare alle urne per i referendum, per leggere a volte incomprensibili e chilometrici quesiti e votare con un Sì o con un No una proposta legislativa, magari confondendosi pure quando ricevono al seggio più di una scheda il cui contenuto, evidenziato con un colore specifico, richiede preparazione giuridica, concentrazione, tempo, interesse, coinvolgimento. Meglio non andare, si dicono i cittadini elettori che, non andando a votare, chiedono ai deputati e ai senatori della Repubblica di pensarci da soli a legiferare soprattutto su materie complicate. 


Il 21 per cento di affluenza alle urne del 12 giugno 2022 sui referendum sulla Giustizia, il peggior dato nella storia di questo importante istituto, ci dice che non ci sono più i referendum di una volta, quelli che mobilitavano, quelli che “gli faccio vedere io!”, quelli che “questo non può passare!”, quelli che richiamavano alle urne un’Italia intera: divorzio sì o divorzio no? aborto sì o aborto no! acqua pubblica sì o acqua privata no? Monarchia o Repubblica? 


Non si può più andare avanti con questo desolante, scoraggiante andazzo. La soluzione, proviamo a ragionare tra il serio e il faceto, ora sembra obbligata: provare ad abolire l’istituto del referendum che dà potere diretto al popolo attraverso un bel referendum abrogativo, sperando che il popolo, stanco dei referendum, si rechi alle urne per il referendum abroga referendum. 

Potremmo chiamare i cittadini elettori – se ne parla da tempo – anche per cancellare il solo quorum e rendere valida la votazione con qualsiasi percentuale, anche con l’un per cento che deciderebbe anche a nome del novantanove per cento andato al mare, in montagna o allo stadio. 


Ma il quesito deve essere di immediata comprensione, come un titolo di giornale: “Volete essere privati del diritto di dire la vostra con il referendum e di decidere facendovi Parlamento?” 

Così è diverso dal proporre un quesito della seguente fattura: “Volete che siano abrogati gli articoli, commi, righe, lettera a e b, con le parole, dopo le virgole, recanti, risalenti, come modificato e poi rimodificato, ai sensi dell’articolo, commi, righe, lettera a e b, con le parole, dopo le virgole, recanti, risalenti, come modificato e poi rimodificato, ai sensi dell’articolo ecc.”


Rimarrebbe il problema del raggiungimento del quorum per rendere valido il referendum abroga referendum. La soluzione, allora, sarebbe quella di far recuperare all’istituto giuridico l’antico appeal indicendo referendum facili e accattivanti, di sicuro successo, come i post acchiappa like su Facebook o Twitter a cui abbiamo delegato i nostri personali referendum. Dei quesiti leggeri, passatempo, social, potrebbero ad esempio essere i seguenti: 


Vuoi tu, o cittadino, abrogare il caldo torrido d’estate specialmente quando viene l’accupa?


Vuoi tu, o cittadino, rendere obbligatoria nelle spiagge libere la presenza di impianti di aria condizionata?


Vuoi tu, o cittadino, introdurre e rendere obbligatorio il bonus estate che ti consente di andare gratis in vacanza ovunque tu desideri, con chiunque tu voglia, e nelle destinazioni a te più care?


Sono solo delle proposte, giusto per rianimarsi con un po’ di ironia, per riportare la gente alle urne a condizione anche che i futuri referendum siano proposti uno alla volta, non d’estate e non in concomitanza con le partite di calcio. 


Un dubbio: ma i cittadini che mettono le firme ai banchetti per proporre i referendum, vanno poi a votarli alle urne? Me lo chiedo per organizzarmi meglio a raccogliere le mie firme per il referendum abrogativo dell’istituto democratico del referendum che sicuramente, lo so, non andrà a buon fine. 


Raimondo Moncada 

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