Lo spazio del sacro


Che cosa è sacro? 

È qualcosa verso cui hai il massimo rispetto, un’entità, uno spazio, un ricordo, una persona, un’immagine, una scultura, un libro, un’edicola votiva. E ti inchini pure che è il gesto con cui il nostro ego si scioglie di fronte a qualcosa di immensamente superiore che emana un’energia senza nome da cui ti senti pervaso e vinto. 

Il sacro brilla di luce propria ma lo illumini con una candela o con una lucina come segno di unione e di fiducia, lo tieni su un piedistallo. Anche se povero, di pietra grossolana o di legno marcio, diventa qualcosa di prezioso di cui tu singolo individuo, spillo della stalla universo, ti sei chiamato ad avere quotidiana cura: è il tuo spazio sacro, inviolabile, intoccabile, parte di te, la parte migliore di te e del mondo conosciuto e sconosciuto. 

Nessuno ci deve mettere mano e becco, nessuno deve parlare, far rumore, perché si nutre pure di silenzio. Ti parla non parlando, ma lo devi sentire, capire, interpretare. Quando avvii un dialogo, le tue parole attraversano un muro invisibile, senza ritorno. Senti solo l’eco che si perde nella spelonca della tua antica memoria. Pretendi risposta, che ricevi muta alle orecchie del mondo rumoroso. E capisci che non è il modo di ascoltare. Ti richiede di capirlo e non è per niente facile e ti puoi anche umanamente arrabbiare e non volerne sapere più di parlare a qualcosa di eternamente sordo e muto. E poi ti penti e rientri, perché vieni assalito da eterni dubbi e riprovi a riprenderti cura di ciò che hai abbandonato per afferrare l’inafferabile. Ed è un continuo va e vieni che non finisce mai. 

E, comunque, la nostra stessa vita è uno spazio sacro a cui accendere ogni giorno una luminosissima candela e stare lungamente in silenzio. 

Raimondo Moncada 


*Elucubrazioni di sempre, non rompiamoci la testa. 

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