Quel Nobel al bambino Pirandello


Il 10 dicembre del 1934 il mio compaesano Luigi Pirandello ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. 

Nato esattamente cento anni prima di me nella stessa Girgenti, lui il 28 giugno, io il 15 marzo, Gigi ha scritto molto più di me e non posso avere in alcun modo invidia del riconoscimento che l’Accademia Reale di Svezia gli ha voluto assegnare “per il suo audace e ingegnoso rilancio dell’arte drammatica e scenica”. 

Appena diventerò più audace, lo raggiungerò e supererò con l’attribuzione non di uno, ma di due, tre, quattro Premi Nobel. Per adesso sono come un infante alle scuole materne.

L’audacia fa talune volte perdere la testa dopo averla montata e smontata. Nella vita ci vuole umiltà, quella che esprime il mio giurgintano vicino di casa Luigi Pirandello nella dichiarazione al banchetto per il conferimento del premio Nobel, nel Municipio di Stoccolma: 

“Per riuscire nelle mie fatiche letterarie ho dovuto frequentare la scuola della vita. Questa scuola, inutile per certe menti brillanti, è l’unica cosa che può aiutare una mente come la mia: attenta, concentrata, paziente, inizialmente del tutto simile a quella di un bambino. Uno scolaro docile, se non con gli insegnanti, di sicuro con la vita, uno scolaro che non verrebbe mai meno alla sua totale fede e fiducia in ciò che ha imparato. L’attenzione costante e la sincerità assoluta con cui ho imparato e meditato questa lezione hanno palesato un’umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili, e tutti gli errori dell’innocenza che donano profondità e valore alle nostre esistenze. Tale educazione della mente, conquistata a caro prezzo, mi ha permesso di crescere e, nel contempo, di rimanere me stesso. Evolvendosi, il mio talento più vero mi ha reso del tutto incapace di vivere, come si conviene a un vero artista, capace soltanto di pensieri e di sentimenti: pensieri perché sentivo, e sentimenti perché pensavo. Di fatto, nell’illusione di creare me stesso, ho creato solo quello che sentivo e che riuscivo a credere. Provo gratitudine infinita, gioia, orgoglio al pensiero che questa creazione sia stata ritenuta degna del premio prestigioso con il quale mi onorate. Mi piacerebbe credere che questo premio sia stato conferito non tanto alla perizia dello scrittore, che è sempre irrilevante, quanto alla sincerità umana del mio lavoro”. 

Due anni dopo, sempre il 10 dicembre ma del 1936, a 69 anni, dopo una lunga e gloriosa e ineguagliabile carriera letteraria, drammaturgica, poetica e avere per sempre rivoltato il teatro, Pirandello ha deciso che era ora di lasciare la vita terrena e salire nell’Olimpo dei Grandi dell’Umanità. 

Un gigante, sempre sulla montagna più elevata, che mi ha lasciato l’orgoglio di essere nato nella sua stessa terra e un senso di piccolezza che si prova di fronte a cime che, alzando gli occhi in cielo, si perdono all’umana vista. 

Ricordiamolo. 


Raimondo Moncada 

P.S. Per non sbagliare: Luigi Pirandello è quello ritratto nei pannelli. Quello in primo piano sono sempre io, quando avevo la folta chioma come quella celebre del Pino di Pirandello. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Proudly powered by WordPress | Theme: Baskerville 2 by Anders Noren.

Up ↑