Ci sono in giro utenti senza voce e senza sostanza virtuale. Sono persone in carne e ossa, vere e non fake, che un giorno decidono di aprirsi un account per socializzare. I motivi sono i più disparati: per provare, per avere compagnia, per stare assieme ad altri, per ritrovare un parente o un amico lontano, per comunicare con i propri clienti, per pubblicizzare la propria attività artistica professionale commerciale; per sostenere un’idea, un partito; per fare campagna elettorale; per distruggere le idee degli altri; per criticare persone, status, fatti, eventi; per scaricare veleno; per trovare conforto; per trovare un amore, per trovare un marito o una moglie; per tradire il marito o la moglie; per promuovere un libro, un cd, uno spettacolo; per scherzare, per dire che tempo fa; per esprimere il proprio stato d’animo; per lamentare il proprio disagio; per prendersela col governante di turno; per scambiarsi opinioni, punti di vista; per discutere; per condividere; per litigare e per mandarsi a quel paese.
Anche io di tanto in tanto sparisco. Dopo qualche giorno di assenza mi danno per morto. Mi bussano pure sulla bara virtuale: “Raimondo dove sei? Se ci sei batti un colpo!”
E, come in una seduta spiritica, comincio a battere, ma non in strada. Batto il mio colpo riprendendo a scrivere, a rendermi vivo, a marcare la mia presenza con quello che lo spirito del momento mi detta. In punta di piedi. Senza scarpe. Mettendo a nudo il mio animo, senza vergogna. Mettendoci la faccia, quella mia. Spremendomi il cervello, quello mio. Condividendo. Lasciando le mie impronte, svestendomi del mio ectoplasmatico lenzuolo.
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