Non se ne può più! I soliti pregiudizi sui siciliani e sulla Sicilia


Un turista punta un indigeno. Lo ferma. Già da come si presenta, da come veste, l’indigeno non può che essere del luogo, scelto come meta di vacanza. 

È primissimo pomeriggio. Non c’è ancora il caldo della tipica estate sicula, ma il turista sfoggia maniche corte, pantaloncini e capello biondo sistemato. L’indigeno indossa una giacca da mezza stagione che quando ti metti al sole ti fa sudare e quando ti metti all’ombra non ti ripara dal freddo. 
“Mi scusi…” 
Il turista tradisce la sua titubanza. Non sa se l’indigeno gli darà retta. Però osa. Chiede. L’indigeno è appena uscito dal lavoro ed è diretto a casa. È stanco e ha fame. Ma si ferma. Per strada, visto l’orario, non c’è nessuno e i negozi sono pure chiusi. È l’unica presenza umana, al momento. 
“Prego, mi dica”. 
“Sa dirmi dove si trova il bar ****, quello dove fanno il gelato più buono della città?” 
“Forse si riferisce al bar del signor ****”. 
“Non so se è del signor che dice lei. Ma ne parlano le guide turistiche”. 
“Cerco su internet…” 
“No, non si disturbi. Non è importante. Lasci stare”. 
“Ci vuole un attimo… Trovato! È proprio il bar del signor ****”. Facile. Deve scendere per questa strada…” 
L’indigeno spiega al turista il percorso per arrivare al bar. Il turista, nel frattempo, viene raggiunto dal suo gruppo di amici, tutti cinquantenni. Si lascia scappare una considerazione: 
“Ma lo sa che in Sicilia siete davvero gentili! Incredibile. È una cosa che mi stupisce”. 
“Da dove viene lei?” 
“Forlì, Romagna”. 
“Bella la sua terra. Ci sono stato”. 
L’indigeno riprende il suo cammino, stupito dello stupore. Non è solo nelle strade deserte. Si sente inseguito. Sente passi e sente voci. Ma non si gira. Sono i romagnoli. Parlano del suo gesto e della sorprendente gentilezza del popolo siciliano. 
Raimondo Moncada 

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