Prendere a calci le statue degli scrittori


Un esame scolastico andato male? Odio nei confronti della sua opera letteraria tradotta in tutto il mondo? Allergia al bronzo? Cosa può spingere dei ragazzi a prendere a pedate la statua di un celebre scrittore conterraneo? 

Domande che si formulano da sole in testa dopo aver visto le immagini dell’assurda azione contro il monumento dedicato a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, a Santa Margherita di Belice, paese che venera il grande scrittore siciliano, dedicandogli un premio in suo onore, mantenendo viva la magia dei luoghi del Gattopardo. 
Le immagini della video sorveglianza sono impressionanti. Lasciano il
segno. Inevitabilmente ti chiedi: perché? E te lo ripeti: perché? Perché puntare l’inerme statua di uno schivo letterato e prenderla a calci con la rincorsa, ad afferrargli il collo e a strattonarla quasi a volerla sradicare e magari pestare? 
La statua di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è piantata a terra, sul pavimento di una pubblica piazza, come quella di Racalmuto dedicata a Leonardo Sciascia o quella di Porto Empedocle dedicata al commissario Montalbano di Andrea Camilleri. 

Perché? È la domanda a cui potranno meglio rispondere i diretti interessati o, se non sanno rispondere, gli amici, i familiari, gli psicologi, i sociologi, gli assistenti sociali, gli avvocati difensori, gli esperti di social media. 

Un gesto che ti fa girare tanti pensieri e che ti portano alla solita questione giovanile, al vuoto generazionale, alla rabbia nei confronti della realtà e del mondo degli adulti. Ma che c’entra la statua del riservato autore del Gattopardo? Forse che si è letto il libro e non si è capita la storia? Forse che non si è condivisa la metafora? Forse che quella statua lì, in quel punto, non ci deve stare? Forse che la statua guarda troppo i passanti? Forse che gli scrittori danno fastidio perché scrivono troppo e non ci puoi stare dietro? 

Se è così, mi abbraccio a loro, delicatamente, e se c’è da prendere a calci i calciatori ci mettiamo a competere a calcio da persone vive e pensanti. Non prendiamocela con inermi e incolpevoli statue che hanno la sola colpa di farci vivere la grandezza dei personaggi che raffigurano. 
Abbracciamoli i monumenti, come se abbracciassimo idealmente, in segno di gratitudine, chi rappresentano. 

Raimondo Moncada

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