Carognavirus, lettera riservata a San Calò

San Calò di Agrigento
Caro San Calò, ora m’arrabbìu! 

È la prima volta che mi rivolgo a te con queste parole e con questo tono. E se lo faccio è perché sono nero e non del colore della tua pelle: di più!

Mi devi perdonare, e mi perdonerai, ma non vedi quello che sta accadendo? Dove sei? 

Luglio è lontano e io ho urgente necessità di parlare con te, faccia a faccia. Non è che posso aspettare tanto per la tua uscita dalla basilica né posso venirti a trovare di persona! 

Mi sentu ncatenatu!

Le autorità, civili e macari religiose, giustamente me lo vietano. E se mi arrisico mi arrestano. A testa tanta mi stanno facendo ogni giorno ogni ora: “Ha stari a casa!”

Avrei voluto venirti a trovare ad Agrigento, dove sono venuto tante volte fin da piccolino, o anche nel tuo alto eremo di Sciacca con un viaggio ‘mpiduni, vapuli vapuli, ma mancu a pedi si pò caminari. 

San Calò di Sciacca

Quindi ti scrivo questa lettera riservata, tra me e te, che nessuno leggerà, cercando di trovare le giuste parole per arrivare a te con il pensiero, da cuore a cuore. Con tutto questo silenzio che c’è nelle mie strade e nelle mie piazze dovrebbe venire più facile. So che ami il silenzio. 

Aspè che mi sintonizzo… 

Mi senti? 

Se mi senti, e so che mi senti, fai anche tu la tua parte come hai sempre fatto, non tirandoti mai indietro di fronte alle sciagure. 

Lo so, pi sta camurrìa di carognavirus, o comu caspita si chiama, dobbiamo confidare nella scienza, nei medici, e intanto attenerci senza sgarrare alle regole, anche se ci impediscono di abbracciarci, di stringerci le mani e di lanciarci con i nostri scroscianti vasa vasa picchì stu carogna (perdonami sempre le parole, ma quannu ci voli ci voli!) non aspetta altro, picchì è accussì disgraziatu che ci colpisce nei nostri più cari affetti. 

Ma cu l’avìa a diri va, ca iu mi maritavu pi tuccarimi cu me muggheri? Ma mancu chistu. Ma vidi chi cosa sbinturata!

Tu, che hai già esperienza di pesti, tu che hai sempre aiutato chi ha avuto bisogno, dacci una mano e se vuoi anche un piede, la mano la dai a noi e na bella pidata a stu carognavirus. 

U capisti? 

Sai che hai tanti fedeli, tra Agrigento, Sciacca, Naro… pronti a novi vapuli e pedi. Ma, porca miseria, non possiamo uscire di casa. Esci allora tu, da solo, dal tuo eremo e tiracelo per una volta tu il pane miracoloso che noi poi lo tiriamo al resto dell’Italia. Cu la giggiulena, m’arraccumannu. 

Amen. 

Raimondo Moncada 

P.S. Vedi che ti aspetto! Non mi deludere.

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