Gianrico Tedeschi e quel treno della guerra

Si sono conosciuti durante la guerra, la seconda guerra mondiale. Ricordo il treno, i suoi esercizi per allenare la voce. 
Me ne parlava mio padre. Ero piccolo. Mi parlava spesso di Gianrico Tedeschi, grande attore. E me ne parlava ogni volta che lo vedeva in tv recitare o in qualche altra occasione. Andava fiero di quella conoscenza. E io guardavo Gianrico Tedeschi in tv come se fosse un amico mio o uno zio. 
Non ricordo altro. Ero troppo piccolo. E mio padre manca da 23 anni per chiedere quello che vorrei chiedere. 
Ricordo però che sono andato al Teatro Pirandello di Agrigento in occasione di una sua messinscena. Sono andato con una telecamera per un’intervista televisiva. Eravamo sul palcoscenico e ho capito dall’espressione che ero entrato in uno spazio intimo, sacro. Ho violato quello spazio, armato di microfono per due battute sullo spettacolo e sulla sua straordinaria vita da attore. Sentivo – questa era la mia percezione di allora, spero di sbagliarmi – che se avesse potuto mi avrebbe buttato giù dal palcoscenico ed io a far finta di non sentire alcun dolore e di essere onorato di quel calcio. 
Aveva i secondi contati ed era tutto concentrato, attore già avanti con l’età. 
Finita l’intervista, rinfoderato il microfono, gli dico: “Sono il figlio di Gildo Moncada. Mio padre mi ha parlato spesso di lei. Mi dice che vi siete conosciuti…” 
Mi conferma tutto, ma poi debbo uscire. Il mio tempo è scaduto. 
Di quella memoria mi è rimasta l’amicizia con Gianrico Tedeschi e non per quell’unico incontro che ho avuto con lui ad Agrigento, ma perché sono cresciuto con lui nei ripetuti racconti di mio padre. 
Auguri, grande maestro. Vedo lei e vedo mio padre.
RAIMONDO MONCADA

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