E la banda suona San Calò


 

È Brunetta nota anche come Zingarella ed è di San Calò, appartiene a lui, al santo nero venerato ad Agrigento con processioni di folle di fedeli nelle prime due domeniche di luglio. È la musica che fa uscire San Calò dalla sua basilica, senza pare inimmaginabile. Penso si rifiuterebbe. Brunetta-Zingarella è la musica della fede che lo accompagna per vicoli e vicoletti, per pirtusa e stretti budelli di tutta la città, la mia città. 

La banda musicale non suona altro, per ore e ore, mentre le teste dei portatori e dei fedeli a piedi scalzi bruciano, di note e di sole.

L’autore di Brunetta non è di Agrigento. È originario di Alessandria della Rocca e di cognome scopro subito fa Ingo. Il cognome del compositore a tantissimi agrigentini (per non dire a quasi tutti se non a tutti, compreso chi scrive) non farà suonare alcun neurone din don dan, ma nel mondo musicale è un artista molto conosciuto e apprezzato.

Saputolo e dico e ripeto anche in maiuscolo “SAPUTOLO”, i neuroni din don dan hanno cominciato a suonarmi come suonava a prima della pandemia, e stordendo le orecchie, la campana del capo dei portatori della sacra vara (che mi rimanda sempre davanti agli innocenti occhi la storica figura di Gigi Casesa). 

La musica di San Calò ce l’hai così dentro, legata agli atomi del corpo e dello spirito, che quando all’orecchio stordito ti arriva un solo accenno ti appare subito lui, San Calò, col suo libro in mano e con sopra scritto un elenco lunghissimo di richieste di grazie. 

È un istante. Una folgorazione. Un miracolo.

Dopo oltre mezzo secolo di esistenza su questa terra, non mi ero mai posto il problema di chi fosse il padre di Brunetta. Ero beato nella mia ignoranza perché l’ignoranza dà la beatitudine in questa incomprensibile attualità. Il nome del maestro Ingo me lo tira fuori un altro maestro che stimo tantissimo, un artista di Raffadali, Filippo Ragusa, compositore eccelso e direttore del corpo bandistico Parisi: “Questa è una marcia brillante per banda scritta dal Maestro Ingo di Alessandria della Rocca. Il vero titolo non è Zingarella, ma Brunetta”. È bene precisarlo perché in tanti continuano a usare Zingarella e sono così tanti che la marcia è forse più nota come Zingarella che come Brunetta.

La curiosità mi spinge a fare qualche ricerca veloce su internet. Non trovo tantissimo. E quel poco che trovo mi conduce a Luigi Ingo, a cui è dedicata nel paese natio l’associazione culturale musicale alessandrina che nel 1993 ha anche dato vita al locale complesso bandistico diretto dal nipote e maestro Roberto Guastella. 

La mia ricerca si arricchisce e giunge al capolinea con le informazioni che mi fa avere il nipote del Maestro, ovvero Giuseppe Ingo. La marcia di San Calò “è stata composta nel 1930 da mio zio Salvatore Ingo, fratello di Luigi, nonché fratello di mio padre, in occasione della festa del Santissimo Crocifisso di Siculiana”. 

Perfetto! Ora mi sento una persona acculturata, pronto a partecipare a quiz e a rispondere a qualsiasi domanda. Ma chi è Salvatore Ingo? Cerchiamo di andare più in profondità. 

Nel fornirmi una foto d’epoca, il nipote Giuseppe mi descrive allora lo zio e non solo lui, ma un’intera famiglia di artisti: 

“Nasce ad Alessandria della Rocca nel 1896 ed è il terzo di sei figli che portano la musica nel sangue. Salvatore è stato un grande suonatore di flicorno baritono e tenore. È stato maestro di musica a Montallegro, Siculiana e Licata. Gli altri fratelli: Giuseppe (clarinetto), Alfonso (sax tenore), Luigi (flicorno), Francesca (dotata di una bellissima voce) e Vincenzo (clarinetto piccolo Mib). Ringrazio mio cugino Roberto Guastella per avere ripreso la prestigiosa tradizione di famiglia”. 

Dopo lo svelamento del mistero, ora so a chi debbo ringraziare per una melodia che mi riporta alla fede, alla festa, al popolo, ai tammurinara, ai piedi scalzi, alle strade roventi, alla speranza, alla città di San Calò, alla mia natia città: Agrigento. Chi non è agrigentino, chi non è nato e cresciuto con San Calò, chi da piccolo non si è intrufolato tra i piedi sudati dei portatori per raccogliere il pane consacrato, non può capire: non può essere attraversato dal brivido che ti scuote in tutto il corpo ascoltando solo una nota di una musica che già sentivo nella pancia di mia madre all’arrivo con suono crescente della vara in piazza Don Minzoni, dove nella vicina Discesa Seminario avevo una piccolissima reggia, la casetta dove, con Brunetta nel cuore, ho vissuto i miei primi cinque anni di vita. 

Raimondo Moncada

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