Oggi mi sono svegliato con la Monarchia. Aprendo gli occhi alla giornata del 2 giugno mi si è presentata davanti agli occhi la faccia di Emanuele Filiberto della dinastia dei Savoia, un personaggio che seguo da sempre con molta simpatia in tv, dall’epoca dei suoi contributi juventini in esilio a Quelli che il calcio di Fabio Fazio alle sue valutazioni da giurato non più in esilio ad Amici di Maria De Filippi.
Ho la libertà di seguire chi voglio!
Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele di Savoia, figlio a sua volta dell’ultimo re d’Italia Umberto II di Savoia, mi ha riportato indietro di settantasei anni, a quei 2 e 3 giugno 1946 quando gli italiani vennero chiamati a scegliere con un referendum tra Repubblica e Monarchia a un anno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e del ventennio fascista.
Andò a votare – a differenza delle consultazioni degli ultimi decenni – quasi il 90 per cento degli aventi diritto, uomini e anche donne. I votanti – leggo sul sito del Quirinale – furono quasi 25 milioni (24.946.878). I voti validi 23.437.143, di questi 12.718.641 (pari al 54,27%) si espressero a favore della Repubblica, 10.718.502 (pari al 45,73%) a favore della Monarchia.
Un Paese – come ci dicono i numeri – spaccato in due (anche nelle preferenze tra Nord e Sud, con un Meridione a favore del re: in Sicilia furono 1.301.200 i voti per la Monarchia e soltanto 708.109 quelli per la Repubblica).
Non so se mio padre Gildo, uscito sedicenne mutilato dalla Resistenza al nazifascismo, poté recarsi alle urne o dovette proseguire nei suoi pellegrinaggi in ospedale. Ma da come concludeva i suoi interventi in occasione della ricorrenza della Liberazione dell’Italia non ci dovrebbero essere dubbi sulle sue intenzioni confermate nel tempo: “Viva il 25 aprile! Viva la Costituzione! Viva la Repubblica Italiana”.
I numeri del referendum dicono che in tantissimi si espressero per la Repubblica e in tantissimi si espressero per la Monarchia in un immediato dopoguerra di grandissima voglia di cambiamento. Ne ho conferma leggendo la sintetica descrizione del frenetico susseguirsi degli eventi di allora sul sito istituzionale del Quirinale, tra cui quello del 9 maggio 1946 quando il re Vittorio Emanuele III (“cui si imputava la responsabilità di avere consentito l’irrompere del fascismo”) abdicò in favore del figlio Umberto. Una decisione ritenuta “tardiva e inadeguata” rispetto alle aspettative dei partiti aderenti al Comitato di Liberazione Nazionale:
“Fu questo il periodo in cui un anelito di libertà e progresso si andarono diffondendo in Italia. Cancellate le “leggi fascistissime” – che avevano consentito la liquidazione di tutti i partiti all’infuori di quello fascista, lo scioglimento dei sindacati socialisti e cattolici, la soppressione della libertà di stampa, fino alla trasformazione di fatto dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia in uno stato autoritario -, risorsero le organizzazioni politiche e sindacali, i giornali si moltiplicarono con la creazione di nuove testate, le associazioni culturali ripresero vita”.
A dire la verità, con la distanza di oggi, mi sarei aspettato qualcosina di più dalla consultazione “Monarchia o Repubblica?”.
E sono forse i numeri del referendum del 2 giugno 1946, consumatosi quando ancora non esistevo a questo mondo (perché nascerò vent’anni dopo in un appartamento di Via Manzoni, ad Agrigento, sopra un profumato panificio), che si sono materializzati oggi al mio risveglio con una domanda: e se gli italiani si fossero espressi in maggioranza, anche risicata, per la prosecuzione del sistema monarchico e con il mantenimento dei poteri ai discendenti reali di Casa Savoia?
Oggi avremmo celebrato la corona, con carrozze dorate, squilli di trombe, spari di cannone e lunghi cortei con re, principi, principesse, a salutare con la mano inguantata la folla festante e felice per i propri sovrani usciti in tripudio dalla loro reggia di Torino, città della mia sovrana Juventus.
Ho sempre la libertà e il piacere di seguire chi voglio, senza alcun obbligo imposto dall’alto! I colori bianconeri, con i quali sono nato e cresciuto, ritorneranno a dominare in Italia e in Europa in forma assoluta. E un giorno mi ritroverò in corteo a sventolare la bandiera juventina con il grande tifoso Emanuele Filiberto.
Raimondo Moncada
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