Caro Luciano, come vedi ho mantenuto la promessa. Anzi mezza promessa se dobbiamo essere precisi. Nei mesi scorsi, telefonandomi, tu a Sciacca, io in ospedale a Bologna, mi dicevi sempre per incitarmi, per tirarmi su: “Vedi che prima del mio pensionamento ti rivoglio in ufficio”.
“Cercherò di farcela” ti rispondevo, quasi non credendoci.
Mi sono perso gli ultimi tuoi giorni di lavoro all’ultimo piano del Palazzo Municipale, ma sono rientrato anzitempo sotto gli occhi meravigliati dei colleghi. Non ti ho però trovato. Hai dovuto usare le settimane di fine anno da stimatissimo funzionario del Comune di Sciacca per scontare il cumulo da record di ferie arretrate e per dedicarti ad altro di molto importante e non più rinviabile.
Il telefono nell’ultimo anno è stato il mezzo per tenerci in contatto. Non ho ricordi di agosto quando ci siamo incontrati di presenza, così mi dicono. Sceso da Bologna per provare a partecipare alla festa di laurea di mia figlia Luna, quel giorno mi hanno condotto in ospedale in fin di vita. E quando qualcuno te lo ha detto, sei corso da me con gli altri colleghi amici del tuo, del nostro ufficio. E assieme a Vito sei rimasto al Pronto Soccorso fino a quando non vi siete fatti buttare fuori dalla caposala.
Questo lo voglio ricordare per ringraziare pubblicamente degli amici e per dire che sotto l’abito del capoufficio serio, del rigoroso capo di gabinetto di tanti sindaci, batte un cuore, il cuore di un padre, di un marito, di un amico, di un uomo che mi ha insegnato tanto. Pensa: vent’anni di convivenza che non abbiamo ancora festeggiato. È l’unica cosa che ti rimprovero. Sogno una festa tutta per noi, non affollatissima come quella di oggi, ma un tavolo per due, a lume di candela a illuminarci la sera su un terrazzo sopra il mare profumato di Sciacca, con i piedi vastasamente sopra la ringhiera, con gli occhi chiusi a goderci il canto dei gabbiani.
Questa mattina in Sala Blasco in tanti ti hanno reso omaggio, i colleghi, i dirigenti, il segretario generale, il sindaco, gli assessori, gli ex sindaci che nel corso di trentatré anni si sono succeduti avendo sempre in te un punto di riferimento come hanno detto loro stessi, con parole che potrai incorniciare: “Professionale, preparato, competente, elegante, autorevole, istituzionale…”
A te dedico questa foto che ci ritrae assieme, abbracciati e sorridenti, per dimostrare con prove inoppugnabili che ho mantenuto la promessa, che sono rientrato al lavoro sia pur non al cento per cento. Manca ancora qualcosa, ma per me è già tanto esserci e continuare, sperando di arrivare anche io al traguardo della pensione se ancora esisterà, se ancora non allungheranno più in là il requisito dell’età, perché di anno in anno aumenta l’aspettativa di vita. Ti immagini uscire dal comune di Sciacca dopo centocinquant’anni di contributi versati?
Conoscendoti, starai soffrendo. Sei troppo legato al tuo Comune, al tuo Ufficio, alla tua Istituzione. Non sei come altri normali pubblici dipendenti che, dopo quarant’anni di onorato servizio, non vedono l’ora di staccare, di non sentire più la quotidiana sveglia delle 7, camurrìa! La vita di tutti i giorni ti mancherà, ma non cedere alla tentazione. Goditi adesso la meritata pensione e goditi interamente la tua famiglia, con i tempi di un marito normale che non deve telefonare ogni giorno alla moglie per dire che ritardi e che poi pranzerai da solo perché in ufficio c’è ancora da fare e non puoi allontanarti. Adesso la vita è completamente tua, ne hai l’esclusiva, e non mancherà a te concentrare le tue capacità su altri interessi, su altre attività come quello di divenire futuro Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali per mandare in pensione tutti i dipendenti pubblici, adesso, nessuno escluso, così da organizzarci tutti assieme per il dopolavoro e tu non avere più la nostalgia della tua seconda casa.
Grazie,
Raimondo Moncada
P.S. Comunque, caro Luciano Abbene, non ci credo che sei andato in pensione.
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