Siamo esseri di cartapesta. Siamo continuamente modellati, dal primo vagito all’ultimo sospiro. Ci modella la famiglia, la scuola. Ci modellano gli amici, tutte le quotidiane frequentazioni. Ci modellano le letture, le esperienze. Ci modella il dolore, ci modella l’amore.
Ogni giorno siamo un’altra persona mai uguale a quella di ieri. Non ce ne accorgiamo subito. La modellazione è lenta. E non sto parlando del corpo fisico. Non siamo come i personaggi di cartapesta dei carri allegorici di carnevale o il Babbo Natale di piazza Scandaliato che si animano con un motore o con la viva fantasia di un bambino. E non possiamo dire che siamo di più, perché il paragone non regge. La metafora però sì.
Il cartapestaio lavora con i suoi tempi, con il tempo che ci vuole per applicare carta e colla, strato dopo strato, plasmando con le dita per dare alla fine forma colore e sentimento a un naso, una bocca, due occhi che ti parlano come se fossero veri. E lo diventano se li guardiamo con gli occhi della nostra immaginazione, occhi potenti che superano ogni rigida realtà.
Noi siamo esseri vivi, è sulla carne viva che si modella, sui sentimenti, sulle emozioni: il primo bacio, la prima moto, il primo gol, il primo sì, il primo quadro, la prima recita sul palcoscenico, il massimo dei voti al diploma, il ritiro all’università, una figlia che concepisci e vedi nascere, la sua laurea, la tua brutta malattia, le lacrime di gioia, le lacrime di disperazione… Esperienze che aggiungono in noi carta e colla metaforici sentendone ora la leggerezza ora il peso, ora la sensazione benefica di un farmaco ora la lacerazione di un coltello nello stomaco.
Noi siamo esseri modellati e pure modellanti. Tutto quello che pensiamo, tutto quello che facciamo a noi e agli altri, tutto quello che tratteniamo, i nostri gesti, il nostro carattere, il nostro esempio, la nostra arroganza, la nostra gentilezza, modellano e automodellano.
A Natale, ad esempio, siamo tutti più buoni. Ci credo. È così. È la fede, è l’atmosfera, sono le luminarie, sono le melodie per le strade, è pensare di far bene agli altri o almeno di non comportarsi male. A Natale non si può, sarebbe imperdonabile. Già a inizio del nuovo anno cambia tutto. Cambia nell’attesa di quei minuti, quando il vecchio anno va via divenendo ricordo e il nuovo anno si presenta carico di propositi, di speranze, di sogni. Io per il nuovo anno ho il mio carico di desideri già collocato sotto l’albero di Natale della mia testa. Ma voglio prima vivermi questo Natale per evitare che troppa colla, troppa carta rovinino la sua anima, perché il Natale ha una sua anima che di volta in volta, giorno dopo giorno, modelliamo anche noi, cartapestai di anime, attendendo col giusto spirito la lieta novella e facendo di questo atteso momento un capolavoro.
Raimondo Moncada
*Quando ti svegli presto nel cuore della notte del nuovo giorno e ti chiedi: che faccio? O riprendi a dormire se ci riesci o plasmi con le parole qualcosa che inizialmente non ha forma e che modelli nel caos con la carta e la colla che la testa ti mette via via a disposizione.
Nella foto sono con il Babbo Natale di cartapesta a passeggio a Sciacca in Piazza Scandaliato. Mi ha visto, mi ha riconosciuto, mi ha fermato, si è voluto fare una foto con me:
“Posso avere il piacere di modellarti?” mi ha detto.
“Certo! Il piacere è reciproco” gli ho risposto cominciando un’amicizia che già ci ha cambiati.
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