Il mio incontro con Giuseppe Tomasi di Lampedusa


Nunc et in hora mortis nostrae. Amen.

La recita quotidiana del Rosario era finita. Durante mezz’ora la voce pacata del Principe aveva ricordato i Misteri Gloriosi e Dolorosi; durante mezz’ora altre voci, frammiste, avevano tessuto un brusio ondeggiante sul quale si erano distaccati i fiori d’oro di parole inconsuete: amore, verginità, morte…”


Il 23 dicembre 1896 nasceva a Palermo Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Duca di Palma e principe di Lampedusa, divenne celebre, dopo la morte però, per aver scritto Il Gattopardo. Prima era un ignoto, uno sconosciuto, uno che vedevi intento a leggere e a scrivere al bar Mazzara di Palermo e neanche lo notavi:

“Ma cu è chistu? Ma cu si senti?”

Era un nobile taciturno e solitario “cui piaceva di più stare con le cose che con le persone” e con i suoi amati libri.

Il manoscritto del Gattopardo all’inizio non venne ritenuto pubblicabile da Mondadori ed Einaudi, e giudicato negativamente da influenti lettori come il conterraneo scrittore Elio Vittorini. 

Giuseppe Tomasi Di Lampedusa morì per un tumore ai polmoni a 61 anni, il 23 luglio 1957 a Roma, dove andò alla ricerca di cure specialistiche, non pensando che dopo la sua scomparsa divenisse così famoso per aver scritto un libro che gli era stato miseramente rifiutato da prestigiose case editrici oggi considerato un capolavoro mondiale. 

Il Gattopardo uscì postumo un anno dopo la scomparsa del suo autore, venne pubblicato nel 1958 da Feltrinelli su interessamento di Giorgio Bassani vincendo a seguire il Premio Strega. 

Uno deve insomma morire per avere riconosciuto il proprio valore. Ma Giuseppe Tomasi non si scoraggiò negli ultimi istanti della sua vita e lo desumiamo da questa sua frase: “Finché c’è morte c’è speranza.”

Raimondo Moncada


📷*Nella foto, il mio incontro con lui, Giuseppe, a Santa Margherita di Belìce due mesi prima che io partissi per gli ospedali Maggiore e Bellaria di Bologna e dopo gli incontri di Palma di Montechiaro, paese natio di mia madre e di mio nonno Giuseppe e dove con nonna Carmela ho trascorso giorni felici della mia estiva infanzia.


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