C’è uno sguardo a cui sono sensibile. È lo sguardo di chi ti squadra dal suo piedistallo dalla testa fino ai piedi, di chi ti guarda (se ti guarda) dall’alto verso il basso.
E non fa niente per mascherarlo. Si sente proprio superiore a te e a chi è simile a te, e te lo deve far notare, perché si sente di una categoria superiore, socialmente, culturalmente, professionalmente.
E te lo dice non dicendotelo espressamente, te lo dice non usando le parole per farti sentire piccolo piccolo e a disagio. Te lo dice solo con lo sguardo, con gli occhi sonori che trasformano in linguaggio espressivo tutto ciò che arriva ai cinque sensi: il tuo odore, il tuo abbigliamento, il tuo siciliano, i tuoi shampoo o i tuoi capelli rapati, le tue idee, la tua ignoranza, le tue origini, le tue appartenenze.
Scrivo questo pensiero (forse eccessivo) stimolato dalla ricorrenza. Il 17 aprile 2014 ci lasciava il premio Nobel per la Letteratura Gabriel Garcia Marquez. A lui viene attribuita (ma lui avrebbe smentito) la seguente frase:
“Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi”.
È una frase che ho sentito pronunciare pure a Papa Francesco. Ed è la verità. Nessun essere umano ha il diritto di alzarsi di metri e metri e metri davanti a te.
Raimondo Moncada
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