Tanto cara è la notte.
Non ha voce eppure parla.
Non ha orecchie eppure ascolta.
Non ha arti, eppure ti accoglie nel suo grembo.
E tu le parli, sciogliendoti tra le sue braccia.
Lei sa tutto di me, perché è a lei che spesso mi rivolgo, a voce o in silenzio, nel buio o tra luci che non riescono comunque a scavare la sua cavernosa profondità senza fondo.
Quante domande rimaste appese alle stelle dall’età dell’innocenza che domande in bocca non dovrebbe averne.
Eppure continuo a parlarti, a scriverti. Perché noi umani siamo fatti così, parliamo e scriviamo per cercare risposte nell’assoluto silenzio senza voci anche a domande senza risposta.
O almeno così ci sembra.
E non è come parlare a un muro perché le parole si fanno strada, come le navicelle lanciate dall’uomo oltre il sistema solare per captare vite non si sa dove e per dire all’infinito con semplici parole: “Io sono qui, io ci sono, con i miei miliardi di anni sulla terra. C’è nessuno?”
Raimondo Moncada
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