Oggi 2 novembre 2023 mi viene da ricorda un familiare che non ho mai conosciuto, un progenitore di cui porto il nome e il cognome. E lo faccio per diverse ragioni, per la ricorrenza, per il momento. Lui è mio nonno Raimondo.
Non l’ho conosciuto fisicamente perché morto tanti anni prima della mia nascita e non ne conoscevo la storia perché nessuno me l’ha raccontata. Conoscevo solo il suo aspetto fisico da una foto che sua moglie, nonna Rosina, teneva sopra il televisore e che lo ritrae assieme a parte della famiglia.
Non sapevo neanche niente della foto, dove e quando fosse stata scattata.
Ho scoperto tutto provando a scrivere la storia di mio padre, anche questa in buona parte sconosciuta. E quando scrivi una storia arrivi a dei punti in cui sei costretto a porti delle domande e a chiedere e a cercare per avere delle risposte.
Mio nonno è morto il 2 novembre del 1948. Ed è morto a seguito delle tribolazioni della guerra, della seconda guerra mondiale che lo ha costretto a lasciare la sua Sicilia e a provare a portare in salvo la famiglia al nord, a Perugia, poco prima dello sbarco degli americani. Ma la guerra lo ha inseguito e lo ha costretto a lasciare Perugia e poi a salire ancora più su per stabilirsi a Calcinato, vicino Brescia. E la foto è stata scattata lì, in uno studio fotografico, nel settembre del 1947.
Lui ha poco più di sessant’anni, ma la guerra lo ha fatto invecchiare di altri decenni: la famiglia disintegrata, il figlio Gildo rientrato a casa a sedici anni mutilato dopo la lotta partigiana… Non ha retto a tutto questo e un anno dopo, giù in Sicilia, ad Agrigento, in una casa provvisoria, avendo venduto casa sua come tutto il resto per prendere il treno sotto le bombe, la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1948, dopo la comunione e la benedizione di un sacerdote, se ne è andato, lasciando questo mondo di guerre e di morti.
Ricordo però che mio padre in questo giorno si faceva il giro del cimitero di Bonamorone, tra le tombe dei propri cari e degli amici, lasciando fiori e attimi di silenzio, e poi andava all’ossario per lasciare una candela accesa, perché lì dentro c’era anche suo papà, mio nonno Raimondo. L’ho conosciuto lì.
Raimondo Moncada
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