Segnali maschilisti, si va solo “a passo d’uomo”

La segnaletica stradale è maschilista. Vedere i cartelli fa pensare a una discriminazione di genere. C’è un segnale che indica un obbligo di velocità “a passo d’uomo”. Perché? Perché a passo d’uomo e non anche di donna?
Alla guida di automobili, motori, biciclette e autocarri non ci sono solo guidatori di sesso maschile, ma anche di quello femminile. Il segnale “A passo d’uomo” è forse un divieto che stoppa il passaggio di donne? Andare a passo d’uomo vorrebbe dire alla velocità dell’uomo. Velocità che solo l’uomo può eguagliare. Le donne, come dimostrano i risultati dei centometristi alle olimpiadi, non sono riuscite ancora a battere i record maschili. Ma si stanno avvicinando.
Ma non è l’unico segnale che indica visivamente l’uomo. Sono contati i cartelli con evidenziate figure femminili (un cartello che indica i due generi non è stradale, segnala in un bagno pubblico gli ingressi per soli uomini e per sole donne). Lo stesso fenomeno si segnala anche in altri aspetti del vivere civile. Nella cronaca di una partita di calcio femminile – ci segnalano – si è fatto riferimento a giocatrici che si sono marcate a uomo (il calcio è uno sport nato con gli uomini a differenza dei calcioni che sono bisex). 

Dirà qualcuno che il termine “uomo” è un termine neutro (?), generale, generalizzante, che indica sia maschi che femmine. Ma allora si riformi la lingua, così come si debbono rivedere gli antichi testi sacri.
Leggiamo sul dizionario “Sabatini Colletti” il significato di uomo per non sbagliare a parlare. L’uomo viene indicato come sostantivo maschile che ha come plurale uomini. Il diminutivo è omino e ometto. L’accrescitivo è omone. Il dispregiativo è omaccio.    
Questa la prima accezione: “Mammifero caratterizzato dalla stazione eretta, dallo sviluppo straordinario del cervello, delle facoltà psichiche e dell’intelligenza, dall’uso esclusivo del linguaggio simbolico articolato e dalla conseguente capacità di fondare, trasmettere e modificare una cultura”. 














In senso collettivo, lo stesso dizionario, indica “la specie umana nelle caratteristiche che la contraddistinguono” (“l’uomo delle caverne”).  Ma significa anche “l’essere umano in quanto soggetto culturale e nei suoi rapporti con l’ambiente da lui costituito”: “la storia dell’uomo”, “l’uomo greco”, “L’uomo medievale”.
A questo primo significato si legano due modi di dire: “a memoria d’uomo”(da tempo immemorabile, da molti anni), “come un sol uomo” (tutti insieme, all’unisono).
Come secondo significato il “Sabatini Colletti” indica un “Essere umano adulto di sesso maschile”. I sinonimi sono: adulto e maschio. A questi si legano le parole compagno e marito, parole che si accoppiano alle donne.   
A questo significato si legano frasi come “uomo della strada” per indicare il cittadino comune; e quello più lugubre di “uomo nero” che indica il personaggio misterioso e cattivo che punisce i bambini (esiste la corrispettiva “donna nera”?)
Poi, notiamo, ci sono le distinzioni di genere: “sono cose da uomo” o “sono cose da donna”. Dire alla donna: “Sei un uomo!”, può avere il significato positivo (è una donna forte, con le palle), sia un significato negativo ma attenuato.
Per l’uomo è diverso. Dire a un uomo che è una donna, una donnetta, lo stronca, lo colpisce nel suo intimo orgoglio virile. 
In conclusione di questa folle elucubrazione, per andare al passo con i tempi si dovrebbero modificare i segnali e prevedere cartelli con espressioni del tipo “A passo d’uomo e di donna” oppure “A passo d’umano” (e perché non di “anziano o di bambino?). 
Quante complicazioni! Forse è meglio lo status quo. 

Raimondo Moncada

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