Ma però, da eliminare con referendum

Ma però. Due paroline che bisognerebbe cancellare dal vocabolario della lingua italiana. Danno i brividi! Ci costringono a vedere tutto nero e ci fanno cadere in depressione. Potrebbero essere oggetto di referendum abrogativo. Ne va anche dello stato di salute della nazione. 

Sono, tanto per essere grammaticalmente precisi, congiunzioni con valore avversativo. Così leggio sul dizionario. Assieme non vanno d’accordo. Uniti non ci possono stare. Non si può dire “Ma però non ci capisco niente“. O si dice ma, o si dice però. Questo ci dicono i grammatici che ne osteggiano l’accoppiamento, anche se ci sono illustri esempi di padri della lingua come Dante. L’Alighero, fregandosene delle regole, ha usato “ma però” nel XXII canto dell’Inferno: “…ma però di levarsi era neente“.

Andiamo più addentro alla questione. Occupiamoci della portata negativa delle due congiunzioni usate in automatico nel linguaggio comune. Piccoline e quasi insignificanti, hanno un grandissimo successo sui social network: Facebook in primis e poi su Twitter. Il fattore psicologico ha implicazioni molto distruttive. Rappresentano lo sfogo di stati d’animo e sentimenti. 
Mettiamo che succeda un avvenimento qualsiasi. Dopo decenni, ad esempio, un barbone si lava le mani con l’acqua. Questo dovrebbe essere catalogato tra gli eventi positivi. Il barbone si è finalmente lavato una parte del corpo che non lavava da, mettiamo, quindici anni. È un inizio. Il gesto rappresenta un elemento di rottura con uno status che lo ha tenuto sporco per quindici anni. Il barbone potrebbe adesso proseguire con altre parti del corpo. Ma – e diciamo anche noi ma – ci sarà qualcuno o più di qualcuno che obietterà: “Ma, dato che c’era, si poteva lavare anche la faccia!“, “Però poteva pulirsi le orecchie e il collo“, “Ha pulito le mani, ma rimane sempre sporco e puzzolente tutto il resto d corpo: che schifo“. 
È un meccanismo che si aziona quando conversiamo o quando pubblichiamo sui social un post in qualche modo positivo, che coglie una sfumatura sia pur lieve di cambiamento: in società, nella cultura, nell’arte, nel costume, nella politica. Alle nostre affermazioni o ai nostri post seguono puntuali commenti preceduti da “Ma…” e da “Però…”. Certo, alcuni utilizzano in coppia anche “Ma però…” Ma, abbiamo detto, si tratta di un uso da segnare con penna rossa. 

Cosa vogliamo dire? 
Chiediamo o reclamiamo così spesso dei cambiamenti in tanti aspetti della nostra vita che quando arrivano non li accettiamo nella loro positiva pienezza. Ci mettiamo ad alzare muri con i ma e con i però. Non ci accontentiamo. Ci poniamo con un atteggiamento di perenne insoddisfazione. Con tutto e con tutti. Così, invece di andare avanti, andiamo indietro, attorniandoci di negatività. 
Quando siamo sul punto di pronunciare “ma”, “però” e anche “ma però” diamoci un pugno sulla bocca ed esprimiamo, al contrario, la nostra esclamativa sorpresa: “Però!”

Raimondo Moncada 

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