Come spazzatura varrò di più. Ne sono convinto. Lo dico per tirarmi su. Decidiamo tutto noi. Siamo quel che pensiamo e vogliamo essere.
C’è però da attendere l’attestato ufficiale. È importante.
Aspetto con ansia il prossimo giudizio di una delle agenzie di rating internazionale mondiale universale riconosciuta accreditata.
Gli altri hanno sempre ragione. Ci dicono con competenza se siamo belli, se siamo intelligenti, se siamo creativi, se siamo vestiti ammodo, se siamo bravi a scuola, se sappiamo scrivere o dipingere o parlare o aprire semplicemente la bocca per respirare. Ci dicono se abbiamo un pelo fuori posto, se abbiamo bisogno di più pelo, se abbiamo un futuro.
Abbiamo estremo bisogno delle agenzie di rating per certificare la nostra bellezza, intelligenza, capacità, possibilità, potenzialità. Noi, come noi, intesi noi, non sappiamo se siamo scarsi, se siamo dei mostri, se siamo imbecilli, se siamo cariati, se siamo tignusi (cuzzuluna, ovvero calvi).
Se l’agenzia di rating ci dice che non abbiamo dove andare (“dunni uri” in siculo arabo normanno), ci togliamo subito dalle palle, maschi e femmine, perché tutti le abbiamo, uomini e donne (glielo sento dire quando sono arrabbiate: non rompermi le palle!).
Dopo il verdetto BBB (Bello! Bello! Bello!), superiore al CCC (Cretino! Cretino! Cretino!) e inferiore all’AAA (A pezzo di merda, A do vai? vai A fare in…!) attendo con ansia patologica, che già mi sento male, il nuovo giudizio universale: che l’agenzia di rating, internazionale universale riconosciuta accettata accreditata a livello planetario, decreti il mio profumato livello spazzatura: “Sei un rifiuto”.
Non vedo l’ora. Ne godrò, come ne godono tutti. Perché delle disgrazie che ci angosciano godiamo.
La spazzatura è diventata una risorsa. Ci è rimasta solo la spazzatura. Il mio valore, sono sicuro, crescerà. È fondamentale il giudizio delle agenzie di rating. Anche chi è andato in fallimento col giudizio EEE (Eccellente! Eccelso! Esimio!) ha fondamentalizzato.
L’attesa fa male, però. Conviene giocare d’anticipo. Sentirsi già un rifiuto. Ecco! Se ti senti, lo sei. E non so se sono più io. Non mi sento. Per ora non mi sento.
Lascia un commento