Non si può piacere a tutti, neanche ai cani che ci abbaiano

Per piacere. Non a tutti possiamo piacere. Piaci ad alcuni e non piaci ad altri. Piacere a tutti sarebbe il massimo del piacere. Ci puntiamo.  Ma non ci riusciamo. 

Nessuno ci riesce. Ne ho ogni giorno la conferma. Neanche le star, neanche i cervelloni, neanche i capipopolo, neanche i santi. Solo i dittatori piacciono palesemente a tutti, per legge, all’unanimità, per convinta alzata di mano seguita da scene di giubilo popolare in piazza (chi esprime contrarietà viene adeguatamente perdonato). 

C’è chi sta male all’idea di non piacere a tutti. Se si concentra oltre misura impazzisce, si perde di vista, perde pure di vista coloro a cui comunque piace, perde di vista la retta rotta. 

Sembra una legge di natura: impossibile piacere dittatorialmente a tutti in una situazione non dittatoriale. Non possiamo, quindi, vivere per piacere a tutti. Provare a piacere a tutti fa soffrire. Si va comunque contro natura. 

Se già piacciamo ad alcuni (anche pochi, anche uno/a) per come siamo, rischiamo di non piacergli più se rompiamo la retta rotta, se ci sforziamo di essere non come siamo per natura ma come ci vorrebbero coloro a cui adesso non piacciamo. 

È così. Lo capisco. Per esperienza personale. 
Anche io mi sono rifiutato per tanti anni. Non mi piacevo. E più non mi piacevo e più mi rimproveravo. Poi ho imparato a capire, a capirmi e a piacermi. Lentamente. Ho imparato ad accettare quello che ero, come ero, con gli angoli, le ruvidezze, le lacune, le mancanze, l’ignoranza, i brufoli, le stempiature, i peli, la bassezza, la timidezza, le paure. 
Mi ha fatto così tanto piacere piacermi (e farmi piacere le cose che già ad alcuni piacevano) che col tempo molte cose sono cambiate. 
Certo ci sono aspetti di me che ancora non mi piacciono e che cambierei subito. Così come mi piacerebbe che il cane del vicino smettesse di abbaiare, smettesse di mostrarmi i denti tutti sani e aguzzi (tanto diversi dai miei: non ho i canini). 

Col tempo succederà. Non posso costringere il cane a non abbaiare con lo schiocco delle dita o brandendo un bastone o mostrandogli una bistecca fumante e poi farla mangiare a un gatto randagio. Glielo grido: Stai zitto! Zitto! Non mi piace quando abbai!”. Più glielo ripeto, mostrandogli la mia dentatura senza canini, e più mi abbaia. 

Imparerà. Imparerò. Ci conosceremo meglio. Ci capiremo. Ci piaceremo. So che ci vogliamo bene. Lui imparerà da me, io da lui. Un giorno abbaieremo assieme. Alla luna. 
Buon Natale. 

Raimondo Moncada 

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