San Giullà, unni persi i scarpi u…

“Unni persi i scarpi u…”

Un modo di dire. Che affonda le sue radici nella storia di un popolo. Un modo di dire antico che continua a essere attuale a ben guardare le foto, scattate da un modernissimo cellulare (nell’antichità c’era solo la luce degli occhi). 
Su questa scalinata (nella foto a sinistra) ho vissuto i miei primi anni di vita. Rimbombano ancora i miei vagiti tra le mura degli stretti vicoli in pietra arenaria che mi conducevano all’asilo. Su questi gradini lesionati da una frana senza fine ho provato la forza dei miei primi passi nel mondo. 
Allora non c’erano scarpe finte, dure come le pietre dei muri arenari, calchi di una protesta silenziosa. Non c’erano neanche scarpe abbandonate. Troppo preziose. C’erano solo passi continui, di fedeli che salivano per entrare dall’ingresso principale della cattedrale di Agrigento e pregare, o stare semplicemente in silenzio tra i banchi, dentro la maestosa chiesa di San Giullà, il signor patrono di Giurgenti. 
Quei passi si sono persi, impediti da transenne ormai perenni. Sento solo l’eco, dentro di me, di voci, di vicini di casa, dei compagnetti, di mia mia madre e di mio padre che mi recuperavano dopo le discese in via Duomo sul mio primo carretto con i capelli al vento (allora c’erano tutti). 
In quella scalinata, in quella via, in quel quartiere, in quella Giurgenti mortificata, c’è ancora il mio respiro e l’anima della mia famiglia. 
San Giullà, fai il miracolo, proprio lì: unni persi i scarpi u…! 

Raimondo Moncada 
www.raimondomoncada.blogspot.it 

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